Con la didattica a distanza aumentano i ragazzi a rischio

«Didattica a distanza? Sì, ma nessuno pensa ai ragazzi che vivono in contesti difficili. La Regione deve intervenire assumendo tutor e sostenendo economicamente le famiglie». Daniela Politi è una professoressa di lettere e insegna nella scuola media Ristori di Forcella. Dalle sue parole trapela tutta la preoccupazione per quegli alunni che, una volta chiuso il plesso, vivono tutto il giorno in case dove nessuno parla di istruzione perché la disperazione, la rassegnazione e le difficoltà economiche vengono prima delle lezioni online e della scuola.
«Ci sono famiglie alle quali consegniamo pacchi di pasta e altri generi alimentari – racconta la professoressa – e poi gli chiediamo di spendere soldi per connessione internet e tablet? Mi sembra una follia».

Già, perché in Campania una famiglia su quattro non ha gli strumenti per connettersi da casa: parliamo del 26,70% di famiglie “isolate”. Ora, però, le lezioni in presenza sono state sospese e resta solo la didattica a distanza. Perciò avere internet è di vitale importanza ma, se non si hanno un wifi e nemmeno un pc, come si fa? «I miei ragazzi usano il cellulare per partecipare alle lezioni – dice Politi – e questo vuol dire consumare i giga. Quando questi sono terminati, i ragazzi hanno bisogno di ricariche telefoniche. Ma se una famiglia non può comprare pasta e caffè, come si può pensare che provveda quotidianamente a ricaricare il credito telefonico per la didattica a distanza?».

C’era una volta il diritto allo studio, quindi. C’è ancora per chi può permettersi un pc, un tablet e una connessione a internet e magari ha i genitori pronti a sostenerlo. «Ecco – dice Politi – parliamo spesso di ragazzi che una famiglia alle spalle non ce l’hanno e, se ce l’hanno, è impegnata a risolvere altre questioni, oltre a non avere un background culturale. Questi ragazzi sono completamenti soli, noi facciamo da genitori e da docenti. Di questo passo, però, rischiamo di perderli». Sì, perché se a casa non c’è nessuno che si assicuri che un ragazzino di 12 anni segua le lezioni, perché dovrebbe farlo? Bene e male in quartieri difficili combattono dalla notte dei tempi. Ma se il bene è “offline”, resta solo il male. «Senza scuola diventeranno delinquenti – dice la professoressa – Deve intervenire la Regione». Come? «Istituendo una task-force di tutor delegati a prendersi cura di questi ragazzi – afferma la professoressa – e assumendo più docenti per poter implementare le attività extrascolastiche e sostenendo le famiglie che vivono disagi economici».

I problemi della didattica a distanza, però, riguardano anche gli insegnanti costretti a confrontarsi con un nuovo modo di fare scuola e con programmi mai utilizzati. «Noi docenti – dice Politi – eravamo completamente impreparati e la didattica a distanza fatta come la facciamo adesso è difficile da sostenere e, soprattutto, non è funzionale. Avremmo dovuto fare corsi di formazione, invece ci troviamo a usare piattaforme nuove». La professoressa definisce la Dad “didattica d’emergenza”, lontanissima da quella in presenza. «Questa situazione non può andare avanti ancora per molto – sottolinea Politi – Le nostre lezioni, soprattutto nelle aule dove abbiamo ragazzi a rischio che vivono in quartieri difficili, sono fatte anche di rapporti affettivi, di collaborazione, di sostegno emotivo, di tutte quelle cose che vanno al di là del tempo trascorso in aula: cose che, attraverso uno schermo, diventano impossibili».