Nel giorno dei Natali di Roma il premier Conte entra a Palazzo Madama prima, e alla Camera poi, quasi temendo la sorte che il Senato di Roma riservò a Giulio Cesare, pugnalato a tradimento dai suoi. Il premier prende la parola per una informativa, che a differenza dell’istituto delle Comunicazioni ufficiali, non prevede alcuna messa al voto. Alessandro Di Battista (“tu quoque?”) non è in Parlamento, ma aleggia incarnato dai dodici ribelli a Cinque Stelle che stanno con un piede dentro e un piede al gruppo misto. Le opposizioni rumoreggiano. Il premier parte lanciato sui numeri. Mette in campo «almeno 50 miliardi» per la sanità, che sommati al primo decreto fanno 75. Parla della Fase 2, «graduale e senza avventatezze». Il Mes? «Vedremo se non ci saranno condizioni», si limita a dire. Vorrebbe dire che l’opportunità va colta, ma guarda agli spalti del Movimento e capisce che non può. E non scontenta nessuno: «Non accetterò compromessi al ribasso e al Parlamento spetterà comunque l’ultima parola».
Il Partito democratico invita alla prudenza e chiede di valutare il Mes senza pregiudizi. Il Movimento 5 stelle avverte che difficilmente il dibattito in Europa si risolverà in una versione “light” del fondo salva stati e Italia viva chiede al governo di abbandonare la pista dell’ambiguità. «Conte – sostiene Davide Faraone – non può scolorare l’europeismo italiano per caldeggiare le folli idee di Di Battista, nel nome di uno scontro politico che nulla ha a che fare con gli interessi prioritari del Paese, primo tra tutti quello di rimettere in sesto il sistema sanitario». «L’Ue fra Mes, Sure, Recovery fund, fondi Bei, tutto è tranne che assente», sottolinea il capogruppo renziano in Senato che rafforza il suo pensiero sostenendo che «senza la Bce saremmo già falliti”.
Dal fronte della minoranza la Lega chiede le dimissioni di Conte («Non so se il virus sia il risultato di un esperimento mal riuscito. Lei certamente lo è», la bordata del senatore Alberto Bagnai), Forza Italia sostiene che l’Italia al prossimo Consiglio europeo sarà rappresentata «da un premier senza orientamento, senza un mandato del Parlamento, espressione di una maggioranza divisa e confusa e che ha ridotto le Camere a una succursale di Facebook». A proposito di digitale, è sull’app di tracciamento dei positivi al virus che le Camere vogliono vederci chiaro.
Maggioranza e opposizione si incontrano a porte chiuse. Il governo ripete le sue garanzie sull’applicazione: sarà volontaria, rispetterà la tutela della privacy ed entrerà in funzione solo dopo il via libera del Parlamento. Durante l’incontro del governo – presente tra gli altri la ministra dell’Innovazione tecnologica, Paola Pisano – con gli esponenti delle opposizioni, l’esecutivo avrebbe spiegato l’importanza nella fase 2 del ricorso all’app per tracciare i contagi. Tuttavia la riunione non avrebbe sciolto alcuni interrogativi: dubbi sul tipo di provvedimento e sulla tempistica. Qualche ombra la vede anche il Pd. «Uno strumento utile e necessario per procedere con la fase 2, ma i cittadini devono potersi fidare, e solo un voto unanime del Parlamento può dargli questa legittimazione agli occhi dell’opinione pubblica», dice la deputata dem Enza Bruno Bossio (Pd) che per prima aveva sollevato il tema della necessità di una norma di legge e non di una ordinanza o un Dpcm per autorizzare l’uso della legge.
«L’app per il tracciamento dei contagi sarà solo volontaria e non ci saranno pregiudizi per chi non vorrà scaricarla», ha rassicurato Conte in aula, facendo marcia indietro rispetto all’obbligo dell’utilizzo di Immuni: «Il tracciamento – ha spiegato – è necessario per evitare la diffusione del virus. Ma il suo utilizzo sarà su base volontaria e non ci saranno limitazioni per chi non la scarica», ha precisato il premier, correggendo le parole pronunciate dal Commissario all’emergenza Covid-19, Arcuri, che l’aveva dipinta come una applicazione indispensabile e quasi obbligatoria.
Tecnologi contro tecnocrati: William Nonnis, esperto di sicurezza informatica del Ministero della difesa, boccia il progetto della start up Bending Spoons: Tutto basato sul Bluetooth, facilmente vulnerabile, non usa un protocollo sicuro. Perché non usare invece l’aggancio alle celle dei gestori telefonici?», si chiede. L’impressione è che la maggior parte delle figure istituzionali e le numerose task force che discutono di questa app, ne sappiano in realtà molto poco.
