L’ 8 dicembre 2019 nella città di Wuhan scatta l’allarme per il primo caso di coronavirus. Nonostante l’appello lanciato da alcuni medici, le autorità cinesi decidono di occultare l’informazione e punire decine di dottori per aver diffuso “pettegolezzi” sull’epidemia. Il 31 dicembre, mentre l’attenzione del mondo occidentale è rivolta all’arrivo del nuovo anno, le autorità cinesi (La Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan) comunicano all’Organizzazione Mondiale della Sanità l’esistenza di «un focolaio di casi di polmonite a eziologia non nota» nella città di Wuhan. Il 9 gennaio 2020 il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie comunica di aver identificato un nuovo coronavirus (2019-nCoV).
Il 20 gennaio 2020 in Italia viene rafforzata la sorveglianza dei passeggeri diretti da Wuhan e di ogni altro volo con segnalati casi sospetti di coronavirus. Il 21 gennaio vengono rilevati casi con storia di viaggi a Wuhan in altre aree della Cina, come Pechino, Guangdong e Shanghai. Anche Thailandia, il Giappone e la Corea del Sud hanno segnalato casi. Il 22 gennaio la Cina sospende i voli da e per Wuhan. Nello stesso giorno viene pubblicato uno studio condotto da ricercatori cinesi secondo cui il coronavirus avrebbe origine dai serpenti. Studio poi smentito da ricercatori non cinesi. Tra l’1 dicembre e il 22 gennaio si ha notizia di 17 decessi dovuti al virus e di oltre 500 contagi. Tra il 23 gennaio e il 31 gennaio, gli ultimi dati sul coronavirus riferiscono di 213 morti (sono decuplicati in una settimana?) e oltre 10mila infezioni.
La mattina del 23 gennaio 2020 il governo italiano consente – nonostante il già vigente blocco dei voli da e per Wuhan – che passeggeri provenienti da quella regione sbarchino nel nostro Paese, dopo un banale controllo termico, senza essere messi in quarantena. Il 30 gennaio il governo annuncia i primi due casi di coronavirus in Italia, casi che riguardano proprio passeggeri arrivati da Wuhan – così riportano più fonti stampa non smentite – nel giorno in cui la Cina aveva già sospeso i collegamenti con quell’area.
Nella stessa data il presidente del Consiglio annuncia la sospensione dei collegamenti da e per la Cina, dopo che molte compagnie aeree di altri Paesi avevano già adottato un simile provvedimento. Questi sono i fatti. E di questi fatti già la settimana scorsa avevamo chiesto conto al ministro della Salute e al governo.
Avevamo chiesto perché non si fossero messe in quarantena le centinaia di passeggeri arrivate dal focolaio dell’epidemia. Avevamo chiesto perché non si fosse usata maggiore prudenza. Avevamo chiesto al ministro della Sanità – vista la tipologia di controlli di sicurezza effettuati in aeroporto – se «c’è o non c’è la possibilità – anche minima – che tra le persone atterrate ci sia un portatore della malattia?». Non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
Una settimana dopo, in compenso, a seguito dell’annuncio del presidente del Consiglio dei due casi accertati di coronavirus, abbiamo appreso che le persone affette dal coronavirus sarebbero arrivate in Italia proprio il 23 gennaio, dopo che la Cina aveva sospeso i collegamenti per Wuhan. Abbiamo anche appreso – parole del presidente del Consiglio – che “abbiamo già predisposto, come già stavamo facendo. tutte le misure precauzionali per isolare questi due casi”». Come no. Dopo che la coppia di coniugi cinesi ha girato alcune delle zone più popolate delle nostre principali città d’arte, noi «abbiamo predisposto tutte le misure precauzionali».
Precauzione vuol dire prendere in anticipo decisioni che impediscano di correre dei rischi, non dopo. Precauzione vuol dire non ritenere per forza attendibili le informazioni fornite da uno Stato non democratico come la Cina. Precauzione voleva dire tenere in quarantena i passeggeri arrivati dalle zone a rischio, fino a quando dei con trolli adeguati non avessero dato sufficienti rassicurazioni sul loro stato di salute. Parlare di precauzione adesso è un po’ fuori tempo massimo. Quando si ha l’onere di governare bisogna assumersi la responsabilità di essere informati e di fare delle scelte rapide.
Purtroppo invece si è lasciato che tutto continuasse come sempre (a proposito: come mai tanta titubanza verso la Cina?). Chiedere – dopo che il virus si è iniziato a diffondere – “che il Paese sia unito e che si evitino speculazioni” è una richiesta fuori tempo massimo. Il Paese avrebbe dovuto e potuto essere unito quando le opposizioni invitavano a maggiore attenzione. Naturalmente, e su questo sono convinta che nessuno abbia dubbi, siamo tutti uniti nel volere il meglio per il nostro Paese e per i nostri concittadini. Siamo tutti uniti nell’auspicare che nessuno debba correre rischi. Il fatto, però, che siamo tutti mossi dalla stessa speranza non vuol dire che dobbiamo condividere anche il metodo per raggiungere questo obiettivo.
Personalmente credo che aver chiesto maggior cura al governo non sia stata una speculazione politica, ma un modo diverso di approcciarsi alla gestione di una situazione evidentemente critica. Non sono felice di aver avuto ragione: in questa circostanza avrei preferito di gran lunga avere torto. Avrei preferito che nessuno dei passeggeri arrivati da Wuhan giovedì scorso fosse stato portatore del virus, ma purtroppo non è andata così.
