Coronavirus, volano schiaffi tra Conte e Fontana

Mentre salgono a 240 le persone contagiate da Coronavirus in Lombardia, la Regione si trova sulle barricate. E non solo e non tanto contro il virus, ma contro Roma: «Abbiamo concordato di fare un’ordinanza per uniformare i comportamenti in tutte le regioni che non fanno parte della zona focolaio», aveva detto Conte. Fontana non ci ha più visto. «Dichiarazioni inaccettabili», ha tuonato il governatore, respingendo anche le accuse alla sanità lombarda per la gestione del paziente1 all’ospedale di Codogno. La polemica è diventato scontro, con il governatore che ha abbandonato e poi è tornato in videoconferenza con l’esecutivo.

Ma tant’è: alla guerra contro il coronavirus l’Italia si presenta con un puzzle di Regioni che fanno dell’emergenza sanitaria globale una materia di competenza locale, proprio quando Walter Ricciardi, consigliere dell’Oms, invita a stemperare il clima allarmistico sorto intorno all’epidemia. «Dobbiamo ridimensionare questo grande allarme, che è giusto, da non sottovalutare, ma la malattia – ha spiegato lo scienziato – va posta nei giusti termini: su 100 persone malate, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili in ambiente sanitario, solo il 5 per cento muore, peraltro sapete che tutte le persone decedute avevano già delle condizioni gravi di salute».

Ma Regioni e Stato intanto litigano di brutto. Un caos istituzionale che fa dire a Francesco Nicodemo, ex responsabile comunicazione del Pd: «Basta con la competenza delle Regioni sulla salute». La revisione dei poteri delle Regioni in materia di competenza concorrente con lo Stato, alla voce “tutela della salute”, era stata oggetto del Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Dunque il conflitto tra poteri cui si assiste è frutto dell’esito referendario, e non rimane che assistere alla baruffa: «Quella del premier Giuseppe Conte è la strategia della disperazione. Probabilmente sta cercando di attaccare altri per cercare di sviare l’attenzione», gli aveva risposto Fontana in mattinata.

Ma la polemica scema in giornata, e il premier – ospite di Vespa a Porta a Porta – rasserena gli animi. «Nessuna giornata è buona per le polemiche quando si affronta una emergenza sanitaria del genere e tutti quanti siamo chiamati, è un imperativo etico, a collaborare per esprimere la massima efficacia operativa. Al di là di qualche espressione, qualche uscita – ha aggiunto – io Fontana l’ho sentito nel corso della riunione, ci siamo telefonati anche a parte, ci sentiamo costantemente e lavoriamo fianco a fianco». Una giornata dialogica, tanto da ristabilire le comunicazioni anche tra il premier e Salvini. «Ci siamo parlati e Salvini mi ha avanzato alcune proposte per fronteggiare i contraccolpi economici per le zone colpite. L’ho invitato a farmele anche via mail», ha dettagliato Conte.


Il premier ha incassato ieri anche la fiducia alla Camera, pur vedendo rinviato il voto definitivo sulle intercettazioni a giovedì. Lasciando spazio oggi al decreto coronavirus, come compromesso che, a Montecitorio, la maggioranza evita l’attacco del centrodestra sugli ascolti e la minaccia stessa che il decreto possa non essere convertito in tempo per sabato 29 febbraio. Ma la Lega non vuole fare sconti alla maggioranza rispetto a un decreto su cui ha già scatenato la guerra al Senato, tentando di bloccare il voto con l’emendamento su chi detiene materiale pedopornografico e chiedendo per questo l’uso del Trojan. Sembrava che la strategia aggressiva contro le intercettazioni fosse stata messa da parte, soprattutto dopo il passo indietro di Forza Italia.

Il responsabile Giustizia Enrico Costa aveva già lanciato il primo segnale domenica in commissione Giustizia, quando aveva ritirato l’emendamento per rinviare di un anno la prescrizione: «Non me la sento davvero di tenere impegnata la commissione per almeno un paio d’ore sulla prescrizione quando, fuori di qui, tutto il Paese è in allarme per la diffusione del coronavirus. Comunque resta in aula la mia proposta di legge che elimina del tutto la prescrizione e ci sarà tempo, all’inizio di marzo, per discuterne con calma». Infatti, superato il suo emendamento, il testo delle intercettazioni era passato.

Ma Costa affonda: «La foga della maggioranza nel procedere a tappe forzate sul decreto intercettazioni, ponendolo come priorità assoluta, ha una sola spiegazione. Questo decreto è la merce di scambio che il Pd ha ottenuto di fronte al dietrofront sulla prescrizione. Se salta il decreto salta l’accordo». A saltare, slittando in avanti, potrebbe invece essere il referendum sul taglio dei parlamentari, previsto per il 29 marzo ma la cui campagna potrebbe subire il contraccolpo del coronavirus. Dopo Più Europa, ieri è stata Forza Italia, con il presidente dei senatori azzurri Anna Maria Bernini, a chiedere il rinvio. Il premier si è mostrato scettico sull’ipotesi, ma la realtà è che il grosso dei parlamentari indipendentemente dall’appoggio al “si’” o al “no”, fa il tifo per lo slittamento di un paio di mesi. Chiusa la “finestra” del possibile voto anticipato a settembre-ottobre, la legislatura ne risulterebbe allungata almeno fino a febbraio 2021.