«Craxi è stato il grande capro espiatorio di Tangentopoli». Un’ efficace mezza riga estrapolata dall’ultimo libro di Marcello Sorgi che rilegge la fine umana e politica di Bettino Craxi (Marcello Sorgi, Presunto colpevole – Gli ultimi giorni di Craxi, Einaudi, euro 13). L’ex direttore de La Stampa a venti anni dalla morte del segretario del Psi (Hammamet, 19 gennaio 2000) offre un saggio di facile lettura e propone una panoramica ben più ampia del riduttivo, ma attraente per il mercato, sottotitolo Gli ultimi giorni di Craxi. Molto meglio il titolo Presunto colpevole. L’autore attraverso la testimonianza di Stefania Craxi, affettuosa custode del padre sofferente e indisciplinato, fa vivere al lettore spezzoni della vita tunisina.
Non potevano non esserci «Le forzature giudiziarie, grazie alle quali gli sono (a Bettino Craxi, n.d.a.) state inflitte condanne così pesanti che, malmesso com’era, non sarebbe mai stato in condizione di espiare, fanno ancora oggi della sua vicenda un caso irrisolto». Emergono i metodi persecutori utilizzati da alcuni magistrati della Procura di Milano: «L’offerta non dichiarata dei Pm è quella a cui si sono piegati la maggior parte degli imputati eccellenti: confessare per poi patteggiare e salvarsi pagando il minor prezzo possibile come pena da scontare». E’ il «tintinnio di manette» (musica evocata nel discorso di fine anno del 1997 dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro), la minaccia della carcerazione preventiva, della custodia cautelare protratta che produce grandi e insperati effetti. Una sorta di tortura psicologica: «o parli o rimani in galera».
Più volte l’ex direttore del quotidiano torinese tocca un tema largamente sottovalutato: dov’è il «tesoro» di Craxi, «i soldi che avrebbe lucrato per arricchimento personale e avrebbe fatto sparire in conti esteri»? Alla pagina successiva la scontata risposta: «Il lato debole dell’inchiesta, però, è che i soldi non si trovano». Già, sono trascorsi quasi trent’anni dall’avvio di Tangentopoli (17 febbraio 1992), sono tanti gli anni passati dall’arresto del «mariuolo» Mario Chiesa, ma l’inestimabile «tesoro» di Craxi dov’è? Dopo un trentennio viene da chiedersi: è mai esistito? Di certo sappiamo una cosa: «Alla fine di Tangentopoli, saranno una ventina quelli che si sono tolti la vita». Lo sapevano tutti come i partiti si finanziavano extrabilancio, quello era il ben noto «sistema». Quello dei quattrini non contabilizzati, un abbeveratoio comune dov’era consuetudine ficcarci dentro il muso (Craxi: «Lo sapevano tutti come si finanziavano i costi della politica»).
Di grande utilità per capire il clima che ha segnato la fine della cosiddetta Prima repubblica quanto l’autore ha scritto riguardo la visita di Stefania Craxi in Vaticano, ricevuta dal cardinale, nonché potente Segretario di Stato, Angelo Sodano. Quella della figlia dell’ex segretario del Psi era l’ennesimo tentativo, il procurarsi una notabile sponda per cercare di far eseguire in Italia presso una struttura adeguata l’operazione al cancro avanzato al rene destro dell’ex leader del Psi che è stato il firmatario del Concordato con la Santa Sede: «Mi ascoltò con grande attenzione, poi si mise la mano in tasca. Ne trasse due rosari benedetti dal Papa e me li consegnò, assicurandomi che avrebbe ricordato mio padre nelle sue preghiere».
I capitoli centrali rischiano di far sbandare il saggio: “La Cia in casa” contiene alcune sfumature che potrebbero portare il lettore verso un’interpretazione dei fatti che lo avvicinano pericolosamente a teorie complottiste. Sappiamo quanto le teorie complottiste siano fastidiose e a volte, ma non è questo il caso, fantasiose, se non fantascientifiche. La conclusione del capitolo dedicato al presunto coinvolgimento dei servizi segreti degli Stati Uniti nella vicenda Tangentopoli cerca di aggiustare (malamente) la questione: «Che lo sciagurato epilogo di Craxi possa essere stato manovrato da una “vendetta” americana, tuttavia, resta da dimostrare».
Il libro impone e propone alcune riflessioni che vent’anni dopo la morte di Bettino Craxi sarebbe opportuno diventassero veri argomenti di discussione. Il meccanismo del ragionamento è noto: verità processuale e verità storica. Ora che, con le dovute eccezioni per quelli che della forca continuano a farne un mestiere, i linguaggi e i comportamenti rivoluzionari si sono placati si può (si deve) cominciare a ragionare sulla verità storica. Sicuramente sopraffini giuristi sono ancora in grado di placare i ragionamenti gettando nel calderone del diritto (di quello che si applica e di quello che s’interpreta) ogni via di fuga. Occorre andare oltre, scavalcare l’ipocrisia giudiziaria. Una nota geopolitica: Francesco Saverio Borrelli, Procuratore capo a Milano è stato la vera guida di Tangentopoli e del celebrato pool di mani pulite. Magistrato dottrinale, carismatico dal comportamento nobiliare, figlio e nipote di uomini di legge.
Il Psi di Bettino Craxi è milanocentrico (non solo per la nota “Milano da bere”), la testa, gli interessi del partito di Bettino Craxi (nato a Milano) erano a Milano. Se il baricentro del Psi fosse stato a Roma, avremmo vissuto il trambusto e il travaglio di Tangentopoli? Infine, torniamo al libro di Marcello Sorgi, l’ultima pagina dell’ultimo capitolo è un po’ un amarcord: «Finito il tempo di Moro e Craxi, affondate una dopo l’altra la Prima e la Seconda Repubblica, si vive l’epoca del populismo, della comunicazione drogata, dei leader dei cosiddetti “partiti liquidi”, degli elettori che non vanno più a votare, perché tanto, ogni giorno, ogni ora, ogni momento si vota su Facebook e su Twitter.
Avanti in questo modo, davvero, non è facile dire per quanto si potrà andare». Marcello Sorgi ha ragione. Senza una seria riflessione riguardante gli avvenimenti che hanno segnato il recente passato, dove andremo? Per superare il diffuso sentimento del “terrapiattismo” occorre non confondere la verità giudiziaria con quella storica.
