Criticare Esposito? Per la giudice non è reato

Ha inondato esponenti politici e giornalisti di querele penali e cause civili con determinazione testarda, il giudice Antonio Esposito che presiedette la sezione feriale della cassazione che il primo agosto 2013 inflisse l’unica condanna a Silvio Berlusconi, ma non gli sta andando molto bene. Soprattutto nelle cause civili, dove forse i giudici sono più lontani, rispetto ai colleghi del penale, dal clamore delle prime pagine e gli inviti quotidiani ai talk.

Questa volta la causa l’ha persa a Roma, dove la giudice della sezione “diritti della persona” del tribunale civile Silvia Albano ha stabilito che la deputata Daniela Santanché non ha danneggiato la reputazione del giudice quando, commentando la famosa sentenza, non solo l’ha definita «politica, ideologica», ma addirittura un vero “colpo di Stato”. E lo stesso alto magistrato era stato da lei definito come “uno che farebbe venire la pelle d’oca”. Dichiarazioni forse offensive, scrive la giudice, e toni piuttosto aspri. Ma non in contrasto su quanto garantisce la Costituzione sulla «libera manifestazione del pensiero». Niente da fare sulla richiesta di risarcimento di 150.000 euro, per questa volta, dunque.

Ma c’è di più, perché la parlamentare di Fratelli d’Italia (all’epoca esponente del Popolo della libertà), in diverse interviste – il giudice Esposito gliene ha contestate nove – ha anche toccato un nervo scoperto non di poco conto, quando ha detto che quello che si è concluso con la condanna di Silvio Berlusconi era un «processo indiziario tolto al giudice naturale». E ora, dal momento che sempre più spesso negli ultimi anni c’è la tendenza, benché in Italia non ci sia il regime di common law, a valutare la giurisprudenza come precedente di rilievo nelle cause civili e penali, questa sentenza potrebbe diventare un bel punto fermo. A favore per esempio dei tanti giornalisti e politici querelati dal giudice Esposito per aver avanzato dubbi anche sul “giudice naturale” cui la causa sarebbe stata sottratta. Per quattordici tra loro, tra cui il nostro direttore Piero Sansonetti, è stato chiesto il rinvio a giudizio circa un mese fa, l’udienza preliminare il 25 marzo prossimo. Vedremo, quindi, se il giudice terrà conto di questa sentenza sulla libertà di espressione.

La vicenda dei quattordici aveva avuto origine dalle rivelazioni di un altro magistrato, quell’Amedeo Franco che, in diverse confidenze anche con amici, aveva definito quel tribunale di cassazione di cui lui aveva fatto parte come “un plotone di esecuzione” e aveva denunciato i suoi colleghi, in primis il presidente Esposito, come persone “in malafede”, con pregiudizi nei confronti di Silvio Berlusconi. Del resto il fatto che a chi presiedette quel collegio il leader di Forza Italia non stesse molto simpatico è provato (per tabulas, come dicono i giuristi) da un’altra sentenza, quella che ha assolto l’avvocato napoletano Bruno La Brusa e tre ex dipendenti di un albergo di Ischia querelati dal dottor Esposito per abuso d’ufficio e falso. Il legale aveva raccolto le testimonianze nell’ambito di indagini difensive utili per un ricorso alla Cedu.

Quando la notizia era stata resa pubblica, il giudice aveva preso carta e penna e si era querelato. I quattro sono stati assolti. Che cosa avevano testimoniato i tre camerieri? Che il “signor Esposito”, di cui ignoravano il ruolo professionale, ospite nell’albergo Villa Svizzera di Lacco Ameno a Ischia, avesse detto ripetutamente frasi del tipo “A Berlusconi, se mi capita l’occasione, gli devo fare un mazzo così”. Ora, che cosa si deve pensare, con queste premesse, se poi capita che quello stesso signore, che casualmente è anche giudice, in seguito presiede un tribunale che condanna proprio la persona nei cui confronti lui auspicava, se si fosse presentata l’occasione, di “fare un mazzo così”?

Troppi sono gli elementi di dubbio, non ancora chiariti su tutta la vicenda. Perché non solo Berlusconi era stato già prosciolto per fatti analoghi in sede di indagini preliminari dai gup di Roma e di Milano. Perché anche in sede civile, nel luglio del 2020,una sentenza civile aveva smontato alle radici quella penale conclusa dalla cassazione nel 2013. E tanti sono i sospetti avanzati in sede politica e giornalistica su una possibile accelerazione che avrebbe fatto assegnare il processo penale alla sezione feriale presieduta da Esposito invece che a una ordinaria. Sono dubbi e sospetti, naturalmente, ma dopo la sentenza Santanché, forse c’è più libertà di manifestarli.