Critiche alla passerella di Conte nelle ex zone rosse: “Ci aspettavamo di più”

Continuano le visite di Giuseppe Conte nelle aree più colpite dal coronavirus. Ieri il presidente del Consiglio era atterrato a Milano e aveva incontrato le autorità e i sindaci del capoluogo lombardo, di Bergamo e di Brescia. Oggi ha presenziato alla posa dell’ultima campata di quello che era l’ex Ponte Morandi a Genova – crollato nell’agosto 2018 causando 43 vittime – e poi ha proseguito nella zona rossa del lodigiano e in Emilia Romagna. Il premier non ha aggiunto molto alle dichiarazioni degli ultimi giorni. Sostanzialmente ha ribadito: per il momento non si può riaprire più di così poiché il rischio di un’altra esplosione di focolai è molto concreto. Non sono mancate critiche al premier per l’operato del governo durante l’emergenza.

Conte a Lodi ha dichiarato: “Sin dal primo momento, fin da quando abbiamo preso la decisione della zona Rossa nel Lodigiano, eravamo consapevoli che avremo poi dovuto sopperire a tanta necessità e urgenza anche dal punto di vista economico e sociale di questa comunità. È un imperativo morale venire incontro a questa esigenza perché non si può mettere in zona rossa una comunità di 45mila abitanti e poi disinteressarci delle conseguenze economiche e sociali. Abbiamo già  adottato delle iniziative con un impegno economico e finanziario cospicue e ce ne saranno altre”. Un impegno del quale non ha nascosto la difficoltà nel dare risposte a tutte le categorie sociali: “Non risolveremo tutti i problemi, bisogna dirlo ai cittadini, perché le sofferenze sono tali e così diffuse che è difficile rispondere a tutte le richieste, ma interverremo in modo serio a gran parte delle categorie in difficoltà”.

Si alzano sempre di più intanto le lamentele dei lavoratori e di diverse categorie sociali colpite dalla crisi causata dal coronavirus. Il premier ha fatto appello alle banche chiedendo loro un “atto d’amore” affinché si “faccia un grande sforzo per erogare liquidità alle imprese che hanno bisogno. Venite incontro a queste richieste”.

Il presidente del Consiglio ha ribadito l’importanza dei test nella fase 2 per costruire un patrimonio informativo sull’epidemia e ha illustrato (seppur a grandi linee) una modalità di intervento in caso di nuovi focolai: “Abbiamo predisposto un congegno che ci permette di intervenire con un meccanismo di rubinetti: allentiamo qualche misura ma siamo pronti, attraverso un algoritmo matematico e il controllo dei dati. Ai presidenti di Regione ho chiesto un database continuamente aggiornato. Calcolando i dati e le capacità delle terapie intensive e di fronte alla prospettiva che possa risalire il contagio, possiamo intervenire in modo mirato e chiudere il rubinetto“. La fase 2 del contagio si monitorerà per 14 giorni, “ma siamo sempre disposti a rivedere le nostre riflessioni. Prima dobbiamo escludere lo sbalzo della curva, se è favorevole procederemo con le riaperture”.

A Piacenza Conte ha anticipato, nell’incontro a Piacenza con il presidente della Regione Emilia Romagna Bonaccini e la ministra dei Trasporti De Micheli, un “progetto ambizioso per lanciare la sanità, le infrastrutture e l’agricoltura, all’interno del qual è previsto un primo ospedale post Covid e un ospedale militare, tutto per dare un segno di rilancio a questo territorio ferito”.

A criticare il presidente del Consiglio il sindaco di Codogno, il paese del paziente 1, Francesco Passerini: “Ci aspettavamo di più, soprattutto per quelli che erano i quesiti principali posti da noi sindaci dell’ex zona rossa”. Il sindaco ha lanciato un messaggio a nome di tutti i primi cittadini dei 10 Comuni del lodigiano messi in quarantena il 24 febbraio a causa dell’epidemia. “A Conte ho chiesto parole di riappacificazione nei confronti dell’ospedale di Codogno anche se poi il premier ha negato di aver mai criticato il presidio”, ha detto Passerini. L’ospedale era stato al centro di polemiche per via del paziente 1 e quindi per le accuse di mancanza e inadeguatezza di misure di sicurezza nella struttura.