Prosegue la crociata di Vincenzo De Luca all’interno del Partito Democratico definito un partito “distaccato da se stesso” e non dal governatore campano. Intervenuto a “L’aria che tira” su La7″, De Luca ha parlato con il conduttore e giornalista David Parenzo del suo libro (“Nonostante il Pd. Fra partito fluido, Pnrr al palo, Sud tradito e passioni tristi”) e dei problemi presenti all’interno dei Dem e delle divisioni alimentate dall’avvento, a inizio 2023, alla guida della segretaria di Elly Schlein. 

De Luca rivendica di essere stato eletto, nel settembre 2020, “dai campani con il 70 per cento dei voti” mentre “il problema è che il gruppo dirigente del Pd è fatto per l’80 per cento – salvo eccezioni rispettabilissime – da anime morte, che non rappresentano nulla né sul piano territoriale né sul piano sociale e spesso neanche dal punto di vista grammaticale e della sintassi. Un partito autorevole deve avere un gruppo che rappresenta qualcosa, non che rispetti equilibri tra correnti. Una democrazia solida – aggiunge – ha bisogno di un’opposizione solida. Il Pd deve essere una grande comunità nazionale di militanti e amministratori, in grado di affrontare i problemi dell’Italia, Paese che conosce fratture sociali di vario genere”.

Secondo De Luca “non basta dire: ‘Noi rappresentiamo gli ultimi’. Questo è il punto di partenza, ma poi bisogna parlare alla parte maggioritaria dell’Italia, altrimenti Giorgia Meloni governerà per altri venti anni“. La “colpa” del Pd è quella di non affrontare argomenti “partendo dalla sburocratizzazione radicale del nostro Paese. Non è possibile vivere in un Paese nel quale ogni iniziativa positiva viene frenata da una palude burocratico-amministrativa-giudiziaria francamente sconcertante. Dobbiamo parlare ai ceti produttivi, alle imprese, una parola quasi scomparsa dal nostro linguaggio. Dobbiamo parlare di sicurezza, un bisogno umano primario, anche e soprattutto per la povera gente e per chi vive nei quartieri popolari. Dobbiamo affrontare i temi dei diritti civili, non in termini ideologici, arrivando a rompere anche con il mondo cattolico come accaduto in questi mesi e in questi anni. Dobbiamo parlare del sud, dove da un anno e due mesi non arriva un euro. Dobbiamo parlare di salario minimo, ma non in maniera ideologica”.

 

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