Delusi dal Conte 2: governi cambiano, proibizioni restano

Sono passati quattro mesi dalla formazione del Governo Conte 2 e, malgrado la composizione della maggioranza che lo sostiene potesse lasciar intendere atteggiamenti meno ideologizzati, nessuna delle leggi e politiche proibizioniste adottate dai Governi che lo hanno preceduto in materia di scienza e libertà individuali è stata messa in discussione. Allo stesso tempo il Parlamento, anche quando espressamente tirato in ballo dalla Corte Costituzionale, non ha esercitato alcun tipo di autonomia riformatrice: dalle decisioni necessarie per definire quali tutele occorra garantire per il cosiddetto “fine vita” fino al più recente blocco dei chiarimenti necessari per poter consolidare il commercio di “cannabis light”, passando per le dotazioni alla ricerca scientifica, sia in termini di risorse che di regole, niente è stato fatto.

Eppure non passa giorno che non si venga informati di vertici, summit o riunioni notturne dei Consigli dei Ministri o di abbandoni di gruppi, scissioni o accese assemblee parlamentari. Tutto continua a ruotare attorno a dinamiche interne ai partiti, o comunque si chiamino oggi. Mentre c’è chi, giustamente, si scaglia contro il cosiddetto populismo penale, che ritiene di dover affidare all’indurimento delle pene il governo di vari tipi di comportamenti, dai reati più gravi al piccolo spaccio, molte delle norme proibizioniste e anti-scientifiche degli anni scorsi restano in vigore con le drammatiche conseguenze che provocano in termini di libertà individuali e di progresso scientifico. Leggi e politiche eredità di Governi di centro-destra e centro-sinistra. Resiste la pena fino a sei anni di carcere per chi vuole far ricerca sugli embrioni umani; le pene relative a reati (non gravi) connessi alle droghe illecite possono arrivare fino 6 anni per la cannabis – addirittura sette per coltivazione! -, se invece si tratta di altre sostanze più “pesanti” la galera può arrivare fino a 20 anni. Carcere da 3 mesi fino a 10 anni, a seconda dei ruoli, per medici, coppie e gestante per una gestazione solidale; fino a 12 anni di carcere per i medici che accogliessero la richiesta di malati terminali sottoposti a sofferenze insopportabili e non tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale di porre fine alla propria esistenza. Per non parlare di un apparato di segnalazioni prefettizie o sanzioni amministrative che, nel caso di uso personale degli stupefacenti illeciti, nella “seconda repubblica” ha interessato oltre un milione di persone!

E se in un paio di occasioni non fosse intervenuta la Corte Costituzionale la situazione sarebbe ancora peggiore. Nel 2014 infatti la Consulta ha reso inconstituzionale buona parte delle norme contenute nella legge sulle droghe del 2006, la cosiddetta legge Fini-Giovanardi, consentendo una sostanziale (anche se non formale) depenalizzazione almeno dell’uso personale sporadico; nell’ottobre scorso invece, ha chiarito che in alcuni casi l’aiuto al suicidio non dev’esser necessariamente punito, come lo era indiscriminatamente con una reclusione da cinque a 12 anni dal 1930.
Nella sua sentenza relativa al caso Cappato-DJFabo, la Consulta non ha potuto fare a meno di ribadire, e «con vigore», che «la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore». Nel settembre del 2018 la Corte aveva concesso 11 mesi al Parlamento per poter discutere e individuare una riforma in tema di fine vita nel solco dei principi costituzionali. Sebbene l’iter legislativo fosse iniziato nella primavera scorsa, la mancanza di consonanza tra il Movimento 5 Stelle e la Lega fece bloccare il tutto. Quell’inazione ha regnato e continua a regnare sovrana.
Archiviata l’anti-politica, passata di moda la rottamazione, scomparse le ideologie del secolo scorso cosa resta? Il sovranismo? Il populismo? L’europeismo? Resta sicuramente la Costituzione che prevede, tra le altre cose, che i cittadini si possano fare legislatori nell’abrogare leggi dello Stato per via referendaria oppure nel presentare alle Camere proposte di legge d’iniziativa popolare. Strade che abbiamo percorso in passato e che, ancora oggi, vedono l’Associazione Luca Coscioni, assieme ad altre associazioni, a partire da Radicali Italiani, tra i pochi soggetti organizzati che attivano quanto previsto dalla Carta. Anche in questo caso, in questa legislatura nessun gruppo politico si è adoperato per corrispondere a questa volontà popolare.

Come ci insegna la storia delle riforme strutturali nel nostro Paese, dal divorzio all’aborto passando per l’obiezione di coscienza, là dove non arriva la politica ufficiale possono – devono? – arrivare i cittadini che, disobbedendo leggi ingiuste, cercano di far scaturire modifiche nei codici per ampliare, tutelandole, le libertà che devono essere informate dal confronto e confortate da evidenze frutto della ricerca. La partecipazione diretta delle persone può fare la differenza. Questi sono i temi che affronteremo nel Consiglio generale pubblico dell’Associazione Luca Coscioni che si terrà oggi pomeriggio a Roma all’Hotel Bernini. I lavori saranno preceduti al mattino da un Seminario giuridico su “Libertà fondamentali alla fine della vita: Il caso Cappato” presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati.