Detenuto morto a Poggioreale, l’autopsia può aspettare: “Vogliamo chiarezza”

La vita non è uguale per tutti. E nemmeno la morte lo è. C’è chi chiude per sempre gli occhi su questa vita nel calore della sua casa con le persone amate accanto e c’è chi invece lo fa da solo, in carcere, in una cella di tre metri per tre. Fuori dalle sbarre di ferro anche lui ha una famiglia che lo ama ma alla quale non è dato sapere neanche come e perché sia morto il loro caro. È la vita, è la morte.

Luigi Perrone, 56 anni, detenuto del carcere di Poggioreale in una cella del reparto Livorno, moriva solo in bagno lo scorso 18 settembre. La Procura di Napoli ha aperto un’indagine per chiarire le dinamiche del decesso, l’ennesimo all’interno dei penitenziari. Ebbene, era prevista per la giornata di ieri l’autopsia sul corpo di Luigi, ma è saltata e probabilmente verrà fatta venerdì 30 settembre. E non si sa neanche quando potrà essere effettuata. Come se fosse una cosa di niente, di poco conto. Come se non si stesse parlando della vita di un uomo e del dolore della famiglia che chiede solo di saper com’è morto il suo caro. Com’è morto quando era affidato, non dimentichiamolo, allo Stato.

«Mi preoccupano questi i ritardi, noi vogliamo che sia chiarita la vicenda, mio fratello era in carcere ma soffriva di gravi problemi di salute. La notte in cui è venuto a mancare per tre volte è stato soccorso, ma con l’aspirina e poi con l’ossigeno e noi solo alle 6 del mattino abbiamo saputo che era morto. È morto per un infarto, questo noi già lo sappiamo, perché soffriva di questo». A parlare è Gennaro Perrone, fratello del detenuto trovato morto in bagno nel carcere di Poggioreale, qualche settimana fa. La famiglia, rappresenta dal penalista napoletano Domenico De Rosa, ha più volte chiesto che il detenuto fosse trasferito ai domiciliari per problemi di salute, richiesta che non è stata accolta. Troppo tardi, Luigi è morto, solo, nell’indifferenza generale di un sistema penitenziario al collasso, di una società civile che non guarda dietro le sbarre e di una politica che sfila in carcere per la solita passerella elettorale per poi tornare ai fatti propri una volta varcata l’uscita dell’inferno Poggioreale.

Tra l’altro al dramma della morte di Luigi se ne aggiunge un altro. Il dramma nel dramma. Alcuni familiari vennero a sapere del decesso tramite i giornali e i social. «Stavamo consultando alcuni siti di informazione ed è apparsa la notizia del detenuto deceduto nel carcere di Poggioreale. Abbiamo letto il nome, il padiglione, l’età. Tutto faceva pensare a nostro zio – racconta Enzo, nipote di Luigi – Abbiamo immediatamente contattato l’avvocato, il quale ci ha risposto di non sapere nulla e fino a ieri mattina nulla gli era stato ancora ufficialmente comunicato. Fino alle cinque e mezzo del pomeriggio abbiamo brancolato nel buio, con la terribile sensazione che il Luigi detenuto di cui parlavano gli articoli di giornale fosse nostro zio».

Adesso l’ennesimo schiaffo: niente autopsia, niente verità. Aspettate. Come da anni si aspetta un provvedimento per il sovraffollamento carcerario, per garantire la tutela dei diritti anche dietro le sbarre. E, strano caso del destino, mentre scriviamo di una tragedia di cui probabilmente non interesserà a nessuno, se non a pochissimi, Giorgia Meloni si è presa l’Italia. E sapete cosa pensa delle carceri? La coalizione di centrodestra (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Noi moderati) parla di un “piano carceri” che prevede maggiore attenzione alla Polizia Penitenziaria e accordi con gli Stati esteri per la detenzione in patria dei detenuti stranieri.

Nello specifico, la Lega: riforma dell’ordinamento penitenziario e interventi sulle carceri. Forza Italia: riforma del sistema carcerario e nuovo piano carceri e migliori tutele per gli agenti della Polizia Penitenziaria. Fratelli d’Italia urla la certezza della pena: no a provvedimenti “Svuota carceri”, sì ad accordi bilaterali per far scontare ai detenuti stranieri le pene negli Stati d’origine e, ovviamente, aumento dell’organico e delle dotazioni della Polizia penitenziaria. Su 22 proposte, in 18 casi (l’82 per cento) le varie liste non hanno spiegato da dove prenderanno le risorse per finanziarle, mentre in 4 casi (il 18 per cento) le coperture sono incerte. Speriamo, però, che Giorgia donna, madre e cristiana possa e che l’appello che le abbiamo rivolto dalle pagine di questo quotidiano ieri non rimanga sordo.
Sarebbe disumano, come le condizioni dei detenuti.