Elezioni amministrative, quali comuni vanno al voto: un test per i partiti

L’intreccio delle alleanze e delle convergenze tra i partiti politici in vista delle elezioni amministrative del 12 giugno (che coinvolgeranno nell’insieme 978 comuni tra cui 26 capoluoghi di provincia e 4 di Regione, in tutte le parti del paese) evidenzia da un verso l’immagine di grande confusione dell’offerta politica in atto in questo momento e conferma dall’altro la preponderanza delle logiche basate su circostanze e interessi locali (e, sovente, personali) su quelle legate alla strategia politica (nazionale e spesso anche locale). L’analisi delle candidature presentate dai vari partiti nei diversi comuni (e delle alleanze implicite ed esplicite che esse evidenziano) mostra in maniera evidente come le coalizioni che conosciamo a livello nazionale, si frantumino ed abbiano spesso poco senso a livello locale.

Qui, ad esempio, emerge con chiarezza la profondità della pesante frattura presente nel centrodestra, peraltro confermata quotidianamente nelle ultime settimane da molti episodi anche sul piano nazionale. Accade così che talvolta FdI si presenti da solo o che Forza Italia combatta spesso contro le altre componenti dello schieramento, come mostrano i casi di Verona, Parma, Viterbo, Catanzaro e Messina. E, sul fronte opposto, si rileva la sostanziale “tenuta” della coalizione Pd-M5s (sono insieme nel 70% dei casi), ove però quest’ultimo gioca, contrariamente a un tempo, la parte del comprimario più debole, con una significativa assenza, tranne pochi casi, di candidati espressione dei grillini o della stessa presentazione del simbolo. Ma il fenomeno forse più interessante e significativo è costituito dal comportamento dei cosiddetti “centristi”. Nello specifico, si rileva come i renziani scelgano talvolta di correre in solitario, ma in certi casi optino di allearsi col centro destra e che Azione, viceversa, non si allea con la destra e, specialmente, rifugge – come più volte ribadito dal suo leader – da qualsiasi contatto con i pentastellati.

Ma spesso le considerazioni di carattere locale finiscono col prevalere. E così capita che il partito di Calenda, pur tenendosi lontano dai grillini, sostenga talvolta lo stesso candidato sindaco indicato da questi ultimi. Ma, com’è evidente, non si tratta, nella maggior parte dei casi, di scelte politiche bensì di circostanze legate alla situazione specifica e alla figura dei concorrenti nei diversi comuni. In generale, però, è facile notare come, assai spesso, le due formazioni centriste appoggino candidati rivali tra loro. Accade così ad esempio a Parma, ex roccaforte del grillismo, ove Azione presenta un proprio candidato e Italia Viva sostiene al contrario il centro sinistra o a L’Aquila o a Palermo, dove Italia Viva propugna invece il centrodestra e Azione indica un suo nominativo o a Verona ove Azione appoggia il candidato di centrosinistra, Damiano Tommasi, mentre Italia Viva sostiene Flavio Tosi, presentato da Forza Italia (e già primo cittadino fino al 2017) contro il sindaco uscente, Sboarina, sostenuto dalla Lega e Fratelli d’Italia.

Nell’insieme, questo quadro estremamente e inevitabilmente articolato delle candidature e del sostegno delle diverse forze politiche – di cui abbiamo riportato qui solo alcuni tratti, tra i molti emergenti dalle varie realtà locali – mostra, tra l’altro, come:
a) Il sistema elettorale adottato per i comuni (e di cui diversi commentatori e leader politici auspicano la riproduzione a livello nazionale), attraverso la logica del doppio turno e del ballottaggio, tende ovviamente ad accentuare la contrapposizione tra blocchi, costringendo le forze intermedie ad allearsi con l’uno o con l’altro di questi ultimi.

b) L’idea di “campo largo” – e possibilmente unito – propugnata dal Pd di Enrico Letta si manifesta prevalentemente come una mera alleanza con i 5stelle (che assumono, come abbiamo detto, un ruolo defilato, espressione della loro crisi), senza il progettato (almeno da una parte del Pd) allargamento anche al centro. Insomma, un campo “ristretto” (per di più con un alleato in estinzione) più che largo. Vedremo se questo fenomeno costituirà anche una difficoltà di un progetto del genere a livello nazionale.

c) Le diverse componenti del cosiddetto “centro” appaiono frequentemente inclini a realizzare scelte opposte tra loro nel definire le alleanze a livello locale. Non c’è traccia, in particolare, di un comportamento, né quantomeno di una propensione coordinata tra le varie forze politiche che si potrebbero collocare sul centro del continuum sinistra-destra. Azione interagisce spesso con +Europa, ma mai o quasi mai con il partito di Renzi. La dimensione “centro”, per la quale molti osservatori ed analisti hanno auspicato la fusione tra le varie forze che insistono in questa area o comunque un atteggiamento tendenzialmente unitario, che superi le rivalità dei loro rispettivi leader, appare sino ad oggi del tutto inesistente.

d) nella formazione delle alleanze e delle candidature tendono, come abbiamo sottolineato, forse comprensibilmente a prevalere le logiche locali e personali, anche in relazione alla figura del candidato, al di là degli orientamenti politici che caratterizzano i partiti a livello nazionale.

Insomma, le elezioni per il Sindaco hanno, com’è spesso accaduto anche in passato, una logica in qualche modo “autonoma”, che dovrebbe limitarne molto l’impatto sugli equilibri e sulle alleanze strategiche che si formano a livello nazionale. Ciò non toglie, naturalmente, che le prossime elezioni amministrative rivestano anche un significativo rilievo politico: esse saranno sicuramente considerate come un test della performance dei vari partiti in vista delle – decisive – consultazioni politiche dell’anno prossimo. Ma, al tempo stesso, questo quadro così variegato renderà assai difficile – e talvolta ambigua – un’interpretazione obiettiva dei loro risultati.
Per questo vi saranno poche possibilità di trarre da essi indicazioni sui possibili scenari futuri e, conseguentemente, sulla strategia da adottare da parte dei vari partiti in vista delle prossime elezioni politiche. Infatti, non solo la legge Rosato è molto diversa da quella in vigore per le elezioni locali. Ma le logiche stesse adottate dall’elettore per la scelta dei membri del parlamento sono difficilmente assimilabili a quelle utilizzate per la preferenza a un sindaco. Ma su questo sarà necessario ritornare.