Caro direttore,
il tuo giornale si caratterizza per la battaglia a favore della legalità interpretando un filone tradizionale della cultura italiana da Beccaria in poi che garantisce a tutti in maniera non episodica e contraddittoria prerogative e diritti così come rappresentati nell’età moderna dalla Costituzione italiana.
Vi è una questione molto delicata che riguarda i diritti degli ex parlamentari che sono disconosciuti e vituperati in riferimento ai loro vitalizi o pensioni come dir si voglia e tu hai difeso giustamente nelle settimane scorse i diritti di alcuni ex senatori condannati a cui era stato revocato il vitalizio che il Senato ha poi riconosciuto, come viene riconosciuto a qualunque cittadino che sta nelle stesse condizioni. Ha trionfato la legalità che tanto sta a cuore a tutti i cittadini!
Da oltre due anni dunque la politica si occupa dei vitalizi degli ex parlamentari perché l’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati e del Senato nel 2018 aveva deciso, a maggioranza dei suoi componenti, di tagliarli mediamente del 42% e lo aveva fatto in maniera irrazionale penalizzando i più anziani; con un sedicente metodo contributivo retroattivo cioè da quando il parlamentare aveva cessato le funzioni e non dalla data della delibera, e senza la indicazione di un termine che la Corte Costituzionale ha ritenuto costantemente nel massimo di tre anni.
Una delibera incostituzionale che offende lo Stato di diritto con la conseguenza che gli ex parlamentari non sono stati trattati come comuni cittadini ma sono stati puniti.
Naturalmente gli ex parlamentari hanno presentato ricorso alle magistrature interne di Camera e Senato, le uniche competenti per simili controversie.
La Commissione di Garanzia del Senato in primo grado ha accolto i ricorsi e ha confermato i principi di diritto stigmatizzando la illegalità e la illegittimità della delibera sopra indicata non degna di uno Stato di diritto.
La Commissione di secondo grado, interessata a seguito del ricorso del Segretario Generale del Senato, ha sospeso la esecutività della sentenza e si è in attesa della decisione nel merito.
Alla Camera il Consiglio di giurisdizione di primo grado ha reso nell’aprile 2020 una sentenza parziale, che ha censurato la eccessiva severità delle misure di mitigazione del taglio previste nella delibera per i casi di persone affette da gravi malattie o da insufficienza di reddito e ha delegato lo stesso Ufficio di Presidenza a correggere con criteri meno restrittivi la delibera.
La Camera lo ha fatto ma in modo distorto al punto da vedersi bocciata la delibera di recepimento della sentenza.
Purtroppo da quando è sorto il contenzioso, i rappresentanti del Movimento cinque stelle, che sin dall’inizio hanno proposto il “taglio”, hanno attribuito valore politico alle decisioni degli organi giurisdizionali interni, ritenendo che i componenti del collegio giudicante debbano essere coerenti con le idee politiche della maggioranza dei componenti dell’ufficio di presidenza e quindi “obbligati” ad adottare una decisione politica, distorcendo il rapporto politico – giustizia. Gli organi giurisdizionali, non sarebbero tenuti al rispetto dei principi di terzietà e imparzialità e indipendenza, ma organi politici che scelgono sulla base delle convenienze politiche e non sulla base del diritto.
Abbiamo denunziato varie volte la pericolosità di questo comportamento perché compromette il tema cruciale della terzietà e imparzialità dei “giudici”, e perché il “tribunale” interno al Parlamento è a tutti gli effetti un organo giurisdizionale che ha il compito di garantire l’autonomia del Parlamento sovrano, libero da condizionamenti esterni, per rafforzare l’indipendenza e il valore della “rappresentanza“ della Repubblica parlamentare.
La nostra insistenza su quello che la nostra Costituzione definisce i pilastri della tutela giurisdizionale, terzietà, imparzialità, indipendenza dei giudici è direttamente proporzionale alla nostra fondata preoccupazione che quei principi, nella realtà, non sono rispettati.
Ora leggiamo su un quotidiano che nel caso il Collegio di Garanzia di secondo grado del Senato dovesse confermare la sentenza di primo grado il Movimento cinque stelle deve essere pronto a uscire dalla maggioranza, “sollecitato“, secondo lo stesso quotidiano, da quei senatori che fanno capo a Giuseppe Conte che essendo un cultore del diritto dovrebbe rispettare ancor più le istituzioni e rendersi conto della illegalità di un simile ricatto.
Si legge inoltre, ed è virgolettato, che «non si può stare in una maggioranza che spazza via il taglio degli assegni».
Con questa minaccia agli organi giudiziari si è superato ogni limite perché in tal modo si oltraggiano le istituzioni e l’Associazione degli ex parlamentari ha fatto sentire forte la sua voce di dissenso, reclamando un intervento fermo dei Presidenti delle Camere che continuano a far finta di niente.
C’è un partito dell’odio e dell’accanimento che sta distruggendo, assieme alla vita delle persone, tutte le garanzie poste dalla Costituzione a tutela dell’autonomia e della libertà della funzione parlamentare e che pretende di trasformare la giurisdizione domestica in una zona franca controllata dalle scelte di parte anziché dalla logica del diritto e dalla Costituzione, minando il valore e il significato dell’ “autodichia”, che come detto, serve a garantire l’autonomia del Parlamento.
Non si possono subire misure discriminatorie che non rappresentano un atto di giustizia ma una punizione esemplare soltanto per quello che gli ex parlamentari hanno rappresentato.
Si tratta di una discriminazione eclatante e tra l’altro non si tiene conto della legge sulle cosiddette “pensioni d’oro“ che ha previsto per tutte le pensioni di una certa consistenza un taglio proporzionale e generale per cinque anni che poi la Corte Costituzionale ha ridotto a tre anni.
Rispetto alle decisioni assunte dagli Uffici di Presidenza, gli ex parlamentari non fanno rivendicazioni corporative, né rifiutano di fare la propria parte di fronte alle difficoltà del paese e si sono dichiarati disponibili a tagli temporanei e soprattutto proporzionali come appunto la Corte Costituzionale ha stabilito.
L’Associazione a nome di tutti gli Ex Parlamentari ha interessato il Presidente della Repubblica non per coinvolgerlo nella controversia giudiziaria ma per far valutare la fondatezza delle nostre preoccupazioni di fronte a comportamenti che mirano a delegittimare il Parlamento e con esso l’espressione più alta della sovranità popolare, e a minacciare l’autonomia degli organi giurisdizionali interni al Parlamento che sono chiamati a decidere senza interferenze e senza ricatti politici.
*Presidente e vicepresidente
dell’associazione ex parlamentari

Antonello Falomi e Giuseppe Gargani*

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