L'editoriale
Gli ultimi ricordi sullo Stato di Palestina e la narrazione intimidatoria sui bambini di Gaza
C’è qualcosa di losco che manda in bestia a ogni lettura di giornale o chiacchiera televisiva, ed è la menzogna primaria su Gaza e lo Stato palestinese e l’accurata “fabrication” (che è molto più di una manipolazione) usata per seppellire nell’oblio e persino nell’indecenza il racconto dei fatti e sostituirla con la “narrazione” ovvero il travestimento. Con quale fine? Innestare nell’opinione pubblica con simpatie per Israele l’illusione di un problema etico: l’insostenibile e inaccettabile morte dei bambini. Nelle guerre i bambini muoiono sempre, ricordiamo perfettamente ciò che fu fatto – con intenzione e non per caso – ai bambini israeliani del sette ottobre a centinaia di migliaia. Io sono stato bombardato e la posso raccontare, come i bambini ucraini, quelli russi e tedeschi e inglesi e di ogni luogo. Quando una guerra viene scatenata usando come scudi militari ospedali e case, file di affamati cui viene negato il cibo. E i bambini muoiono.
I bambini di Gaza
Chi prepara e scatena guerre è la causa della sofferenza di quell’universo paraletterario che va sotto il nome emotivamente intimidatorio di “bambini di Gaza” e sottilmente la contaminazione si propaga trovando terreno ben fertile: la fabbricazione è diventata leggenda, e la leggenda Storia, i feroci ebrei, sono la causa dei loro stessi morti come già si osservò l’undici settembre delle Twin Towers. E il top della menzogna sta nel diffondere l’idea che, per colpa di Israele, non è stato mai possibile dar vita a uno Stato palestinese. Ciò che spiegherebbe “l’impulsiva scampagnata” del pogrom, quando si ardevano bambini nelle culle, si violentavano le madri e se ne decapitavano le nonne. Ed eccoci alla menzogna maggiore che sta passando anche nelle migliori famiglie. Perché lo Stato della Palestina non è soltanto esistito, ma esiste tuttora sia pure come impolverato documento delle Nazioni Unite. Ma la sua reale esistenza sembra sia diventata un ingombro della memoria e mi chiedo se per caso non ho sognato con altri milioni di persone. Se fosse così non tornerebbero più i conti tra vero e falso, fra il prima e il dopo.
Quando Arafat mi chiese di aiutarlo
Lo Stato di Palestina è nato il 1° luglio 1994, trentuno anni fa quando il primo ministro israeliano Ytzhak Rabin in mondovisione consegnò formalmente la striscia di Gaza al Presidente dell’OLP Yasser Arafat. Accanto a Rabin c’era il suo predecessore (e poi successore) Shimon Perez. Rabin ebbe il Premio Nobel e fu assassinato, Arafat ebbe il premio Nobel e fu certamente avvelenato col Polonio come ha provato una equipe svizzera e fu una grande festa di premi e cadaveri. Ho già raccontato della notte in cui Arafat durante un’intervista a Roma piangeva supplicandomi di aiutarlo e non partire nel 2004, l’anno precedente la presa del potere di Hamas. Io pensai che avesse un attacco di senilità e balbuzie ma era terrore. Hamas poi cominciò a bombardare Israele con razzi iraniani distruggendo le premesse dello Stato indipendente. La Striscia di Gaza era stata egiziana, abitata da arabi egiziani e fu catturata dagli israeliani durante la guerra del 1967 che ne fecero una zona di agricoltura pregiata.
Il tentativo di Clinton
Il Presidente Bill Clinton, come tutti i Presidenti americani, tentò di risolvere il sanguinoso conflitto Israelo-Palestinese e ci riuscì, nel 2003 ad Oslo, trovando un accordo che soddisfaceva tutti: Israele avrebbe ceduto all’Olp la Striscia con un ritiro dei coloni entro dieci anni, così come avvenne. Accadde trentuno anni fa, d’estate. Quando arrivai a Gaza fui fermato dalla polizia: “Dov’è il suo visto per entrare in Palestina?”. Gli arabi vissuti nell’impero Ottomano e poi sotto il mandato britannico, coltivano un intransigente amore per la burocrazia, le uniformi inappuntabili, gradi e i simboli. La Palestina non era che il nome del mandato britannico dopo la Grande Guerra e gli inglesi trovarono comodo mantenere il nome che era stato imposto dall’imperatore Adriano furioso per la terza guerra giudaica e dette ordine che Giudea e Samaria si chiamassero Syria Palestina. Golda Meir, storica leader e fondatrice di Israele aveva un passaporto palestinese emesso dalle autorità britanniche. E se leggete i reportages dell’americano Mark Twain e dell’italiano Edmondo De Amicis nella seconda metà dell’Ottocento, avrete della Palestina – meglio nota come Terrasanta – l’immagine di una terra desolata fra deserto e paludi malariche del Giordano.
Quel primo luglio di 31 anni fa, fui testimone con altri mille reporter, del più grande evento del secolo, anche se fu un po’ complicato risolvere la mia irrispettosa mancanza di visto. Fu allora che centinaia di migliaia di palestinesi affluirono nella Striscia, diventata la loro Patria. Quel giorno garrivano le bandiere palestinesi, si ammainavano quelle israeliane tra foto e le scariche di mitragliatori in segno di festa. Quel che successe dopo è stato rimosso affinché si possa ripetere con colpevole candore la stessa bugia: che i palestinesi lottano per uno Stato indipendente da quel primo luglio1994 quando la Palestina nacque, è preferibile tacere. Io invece lo ricordo anche perché, mentre ero a Gaza morì mio padre, sicché conservo ogni memoria ed emozione di quei giorni.
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