Sarà l’estate e quindi, a parte la novità di quest’anno rappresentata dal feroce granchio blu, la tradizionale mancanza di notizie, ma l’attenzione a dir poco morbosa di alcuni giornali, Repubblica, Fatto e Domani in testa, sull’indagine della Procura di Firenze circa i rapporti fra Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri a proposito delle stragi di mafia del 1993 non può non lasciare interdetti.
Lunedì scorso Repubblica e Fatto sono tornati ancora una volta sull’argomento pubblicando due articoli “fotocopia” in cui si citavano passi dell’interrogatorio del ragioniere Giuseppe Spinelli, l’uomo che per oltre 40 anni ha curato l’amministrazione dell’ex premier. Il ragioniere era stato sentito due anni fa, per la precisione il 15 novembre del 2021, proprio sui rapporti economici fra Berlusconi e Dell’Utri. Spinelli, in particolare, aveva confermato che Berlusconi versò diverse decine di migliaia di euro nel corso degli anni a Dell’Utri e che questi soldi non erano stati mai restituiti. Ieri, invece, per non essere da meno il quotidiano di Carlo De Benedetti ha riportato la testimonianza, sempre a Firenze, dell’ex fidanzato di Marina Berlusconi, Giulio Tassera, interrogato lo scorso giugno per riscontrare le dichiarazioni di Salvatore Baiardo, il gelataio di Omegna che in passato era stato condannato per aver favorito la latitanza dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, ex boss del quartiere Brancaccio di Palermo.
Per la cronaca, il verbale di Spinelli era stato depositato dalla Procura di Firenze al Tribunale del riesame per il ricorso presentato da Dell’Utri contro la perquisizione effettuata nella sua casa milanese il mese scorso dagli agenti della Direzione investigativa antimafia. Quello di Tassera, invece, per il ricorso contro la decisione di non applicare la custodia cautelare a Baiardo richiesta dai Pm per calunnia.
I rapporti economici fra Berlusconi e Dell’Utri non sono una novità essendo stati oggetto di centinaia di approfondimenti giudiziari. Nel 2014 la prima sezione penale della Cassazione, estensore della sentenza Margherita Cassano, attuale primo presidente, aveva messo un punto fermo a tal proposito, escludendo profili di rilevanza penale a carico di Berlusconi. Le dazioni di denaro, in altre parole, erano state ampiamente accertate ma non avevano determinato alcuna contestazione formale. Nonostante ciò, per i Pm di Firenze Dell’Utri continuerebbe ad essere “portatore di un profilo particolarmente adatto per alimentare intese stragiste, in ruolo di trait d’union fra Berlusconi e la criminalità mafiosa dal 1974 al 1992”, il quale con le conoscenze mafiose ha poi alimentato “la nascita di Forza Italia”.
Il teorema accusatorio prevede poi Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore, al soldo di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca e quindi dei fratelli Graviano. I soldi dati negli anni da Berlusconi a Dell’Utri sarebbero, allora, la contropartita per “le condanne patite ed il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto”. È la quinta volta, va detto, che si apre un fascicolo per dimostrare il contatto fra Graviano, il mafioso stragista, e Berlusconi, il mandante delle stragi.
Secondo gli aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli ed il Pm Lorenzo Gestri, le stragi avevano lo scopo di indebolire il governo Ciampi, in quel momento alla guida del Paese, ed avevano l’obiettivo di “diffondere il panico e la paura fra i cittadini in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri”. Sul Riformista del 27 giugno è stato ricordato che il procedimento sulle stragi del 1993 della Procura di Firenze aveva raccolto parti di “Sistemi criminali”, l’indagine condotta dagli ex Pm palermitani Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato e archiviata nel 2000.
In quella indagine si ipotizzava la presenza di personaggi esterni alla mafia che avrebbero poi partecipato agli attentati, un “terzo Livello” composto da massoni, imprenditori, piduisti, e mafiosi per i quali l’avvio delle stragi era finalizzato a destabilizzare la vita democratica nel Paese. La sentenza definita del processo Trattativa Stato-mafia, però, aveva messo una pietra tombale sul ruolo di Dell’Utri come colui che avrebbe veicolato la minaccia mafiosa al primo governo Berlusconi. Secondo la tesi dei Pm fiorentini, l’ex presidente del Consiglio sarebbe invece arrivato al governo proprio grazie alle stragi e all’appoggio di Cosa nostra.
Una contraddizione, dunque, con la teoria della Trattativa. Durante le stragi del 1992-93, infatti, Berlusconi non aveva ancora fondato Forza Italia e con le sue televisioni appoggiava i Pm milanesi di Mani pulite. L’ipotetico sostegno al primo governo Berlusconi era emerso durante il processo Borsellino Ter. Sia Giovanni Brusca che Angelo Siino e Tullio Cannella avevano parlato di un consistente apporto di voti fornito da Cosa nostra a Forza Italia in occasione delle elezioni politiche del 1994. Appoggio che sarebbe stato offerto nella prospettiva di ottenere modifiche legislative, mai però realizzate, nel senso auspicato dall’organizzazione mafiosa. Nessuno dei tre mafiosi aveva comunque fatto riferimento a contatti tra Cosa nostra e Berlusconi già nel 1992 nell’ambito della ricerca di nuovi referenti politici. Sarebbe molto meglio, vista la situazione, concentrarsi sul granchio blu e non rincorre i fantasmi.
