Magari sarebbe stato opportuno esprimere i medesimi concetti senza astio e rancore, senza confondere la pietas dovuta ai defunti da pandemia (che non sono ‘’quattro vecchietti’’ ma tanti esseri umani) con i ‘’piagnistei’’. Con questi toni ci si mette sempre dalla parte del torto, anche quando si hanno delle valide ragioni. Io non me la sento di dare torto, nella sostanza, a Niccolò Franceschini, il consigliere comunale di Pavia, finito all’indice a causa di un tweet disgraziato e ritenuto politicamente scorretto. Perché se è giusto tutelare le persone più fragili (in larga prevalenza ultraottantenni e affetti da altre gravi patologie) è anche vero che saranno i giovani e le generazioni future a sopportare le conseguenze del debito contratto oltre misura e senza limiti, delle ferite inferte all’economia, ammesso e non concesso che vi possa essere, a breve, una via d’uscita e un percorso di risalita.
A dire la verità non vi è un’adeguata consapevolezza delle ricadute di politiche di protezione, improntate a fare ‘’whatever it takes’’ contro l’emergenza sanitaria, senza curarsi spesso di altre esigenze. Per anni siamo stati perseguitati dalla retorica giovanilistica, dalla mistica del precariato, della scomparsa dell’ascensore sociale, dei giovani costretti a emigrare per fuggire da una terra matrigna e ostile. Nel giro di pochi mesi quegli stessi giovani si sono trasformati in untori, hanno osato prima fare jogging, poi andare in vacanza, a farsi compagnia nelle movide. Su di loro pesa – esplicitamente – l’accusa di aver trascorso un’estate spensierata che ha vanificato l’impegno profuso nel primo semestre dell’anno nell’abbassare la violenza del virus.
Gli adolescenti e i ragazzi che rivendicano il diritto dell’insegnamento “in presenza” vengono derisi (un governatore lo ha fatto in diretta televisiva) come se fosse un privilegio marinare, per legge, la scuola ed essere ugualmente promossi d’ufficio. È tornato il “pensiero unico’’ che si sostanzia in un programma da accettare senza discutere: lockdown, “ristori”, attesa del vaccino che ci renderà immuni. Guai a chi si azzarda a obiettare.
Nella prima fase erano i virologi a “dare la linea”. Oggi ci si è accorti che la pandemia è una questione troppo seria per lasciarla nelle mani degli scienziati (che ormai sono organizzati in diverse scuole di pensiero) e ci siamo affidati a un misterioso algoritmo che, giorno dopo giorno, assegna alle regioni – con criteri oggettivi – un colore cangiante a cui corrisponde uno schema più o meno rigoroso di chiusure o di aperture, con relativi orari e adempimenti. Così ogni bottega deve regolarsi secondo il colore di giornata, alla stregua di un meteo. Il Governo è tornato a varare Dpcm, gli ultimi dei quali hanno imposto limitazioni – bisognerà pur dirlo – a quasi tutte le attività che garantivano una relativa sicurezza, perché, dopo il primo lockdown, avevano riaperto adottando, a carico loro, tutti gli accorgimenti previsti.
Per quanto riguarda la comunicazione si cerca di ricreare nell’opinione pubblica la convinzione che il Covid-19 sia la sola patologia da mitigare, la principale causa di letalità, l’emergenza prioritaria da affrontare. Chi scrive non intende ridimensionare la gravità dell’epidemia e le sue conseguenze sul sistema sanitario e in sofferenze umane. Senza togliere nulla alla gravità del momento, sarebbe già un inizio di risalita inquadrare la pandemia maledetta in un quadro più generale delle patologie di cui soffrono i mortali. Nel 2019 (dati Istat estratti il 20 marzo 2020) i decessi in Italia – per le più diffuse cause, in tutto il territorio nazionale e di tutte le età – sono stati 641.768, suddivisi secondo la seguente scheda:
1. Malattie del sistema circolatorio: 232.992
2. Tumori: 180.085
3. Malattie del sistema respiratorio: 53.372
4. Malattie del sistema nervoso/degli organi di senso (Parkinson, Alzheimer etc): 30.672
5. Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche (diabete etc): 29.519
6. Disturbi psichici e comportamentali: 24.406
7. Malattie dell’apparato digerente: 23.261
8. Cause esterne di traumatismo e avvelenamento (suicidi, omicidi, incidenti stradali etc): 20565
9. Cause mal definite e risultati anomali: 14.257
10. Malattie infettive e parassitarie: 14.070
11. Malattie dell’apparato genitourinario: 12.017
12. Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (artrite etc): 3.651
13. Malattie del sangue e degli organi ematopoietici e disturbi del sistema immunitario: 3.272
14. Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo: 1.413
15. Malformazioni congenite e anomalie cromosomiche: 1.399
16. Condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale: 801
17. Complicazioni della gravidanza e del parto: 16
Il ‘’pensiero unico” è imposto anche ai virologi. Andrea Crisanti si è azzardato ad affermare: “Senza i dati non mi vaccino. Troppa velocità, fasi saltate, conoscenze insufficienti. Per fare un vaccino, io personalmente, voglio che sia approvato e voglio vedere i dati”. C’è mancato poco che non venisse almeno gambizzato, anche se le sue erano considerazioni ovvie. Magari gli si poteva obiettare che nessuno – inclusi i BigPharma – pensa di propinare l’iniezione fatidica senza che intervengano le approvazioni necessarie. Ma è doveroso chiarire che il vaccino non risolverà la crisi se non nell’arco di anni. E che il virus ormai resterà tra noi, dal momento che l’unica patologia infettiva debellata del tutto (però c’è voluto un secolo) è il vaiolo.
Poi c’è la questione dei “ristori”. È preoccupante l’incapacità del sistema Paese – partendo dal Governo, passando dalla classe politica e fino alle organizzazioni sociali – di avere una visione che vada oltre il “primum vivere”. Sta passando l’idea di un assistenzialismo di massa, dell’uso di ingenti risorse per tirare avanti senza lavorare né produrre. Diciamo che nulla sarà come prima ma, a suon di miliardi presi a debito e ripetuti scostamenti nei saldi, non facciamo altro se non congelare il vecchio mondo, come se, passata la pandemia, tutto potesse ripartire come prima, con le stesse aziende, gli stessi organici, i medesimi livelli produttivi ibernati – fino all’ora X della discesa sulla terra del vaccino salvatore – attraverso la cig da Covid-19, il blocco dei licenziamenti, i vari bonus a fondo perduto. Compreso l’ultimo arrivato – il c.d. cashback – per le spese natalizie.
Per concludere, meritano delle pennellate, nell’affresco del caos nazionale, alcuni aspetti sospesi tra il tragico e il comico. Dopo l’ennesimo tentativo, hanno nominato commissario alla Sanità calabrese Guido Longo. Ma bisognerebbe andare sul sicuro: perché non nominare Rino Gattuso? È calabrese, onesto, ha qualità umane e organizzative accertate. Poi, non si andrà in montagna per le vacanze invernali. Ma pretendiamo che sia proibito sciare anche nei Paesi limitrofi.
Non si prende neppure in considerazione l’ipotesi di adottare dei protocolli di sicurezza, a costo di colpire a morte una parte importante del turismo nazionale e le aree territoriali dedicate alla neve. Poi c’è la pretesa di anticipare la nascita di Gesù Bambino prima della fatidica mezzanotte. Nessuno si prende la briga di accertare le misure con cui nelle chiese sono garantiti il distanziamento dei fedeli, la sanificazione dei locali, l’obbligo della mascherina e del lavaggio delle mani. Come la metteremo col bue e l’asinello?
