Caro Piero Sansonetti,
mi dispiace, ma questa volta hai proprio sbagliato avversario. Giustamente lamenti che le gare centralizzate sull’acquisto delle mascherine chirurgiche per la sanità italiana abbiano messo fuori mercato, per l’abbassamento del prezzo, le aziende italiane. Ma chi ha prodotto un simile risultato? Non la burocrazia, non un potere occulto e non conoscibile. Niente affatto.
Si tratta invece del risultato atteso e desiderato di scelte compiute da forze politiche, governi e maggioranza parlamentari negli ultimi venti anni, che hanno voluto e costruito la centralizzazione degli acquisti, e quindi la Consip, che hanno voluto le gare al massimo ribasso, in cui l’unico valore che conta è la riduzione dei costi, che hanno voluto, perseguito e attuato politiche di riduzione della spesa pubblica in cui sono stati considerati sprechi anche i bisogni essenziali di salute della popolazione, che hanno privato il sistema sanitario di 37 miliardi di euro, che hanno bloccato le assunzioni, che hanno imposto il numero chiuso alle facoltà di medicina e chi più ne ha, più ne metta.
Sono state scelte compiute alla luce del sole, sotto gli occhi della stampa e della pubblica opinione, scelte contestate disperatamente da poche voci, considerate espressione di concezioni novecentesche, di nostalgie stataliste, quando non addirittura sovietiche. Sono state le scelte di chi ha pensato che la libera circolazione fosse solo delle merci, che i dunping salariali e sociali non fossero un problema, che il mercato avrebbe risolto tutti i problemi e tutte le contraddizioni, di chi ha pensato che bastasse spostare l’azienda in Cina o in Bosnia.
Sono le scelte di chi ha pensato che le tasse fossero sinonimo di oppressione statalista e che ridurle fosse l’unico obiettivo degno di essere perseguito. Se oggi ancora si riesce ad affrontare l’epidemia di coronavirus è perché medici, infermieri, tecnici della prevenzione sanitaria, ricercatori, epidemiologi e, sì, anche impiegati e dirigenti amministrativi, burocrati, hanno resistito, con le unghie e con i denti, alla condanna alla morte per fame del sistema sanitario pubblico, dell’Istituto superiore di sanità, dei centri di ricerca pubblici.
Proprio quelle scelte, liberiste e liberali, hanno provocato a una crescita enorme dei controlli amministrativi e relativa burocrazia, tutti concentrati a ridurre la spesa, a contingentare e razionare risorse, a impedire sforamenti, invece che a risolvere i problemi e a rispondere ai bisogni. Prova a chiedere quanto tempo perdono i primari ospedalieri, i ricercatori universitari, i medici di famiglia a compilare schede, report, a cercare risorse, a rimediare ai danni delle politiche liberali. Non è più il tempo di cercare capri espiatori. Le responsabilità sono chiare e anche le cose da fare. Basta volerlo.
***
Sono d’accordo su molte cose che dici. Anch’io penso che il welfare (e quindi soprattutto la sanità) non può essere sottoposto al mercato e alle sue leggi. Anch’io penso che se gli appalti finiscono per premiare solo il risparmio e la non-qualità, il livello di modernità e di civiltà del Paese precipita. Anch’io penso che molta della colpa vada attribuita ai governi. E però resto convintissimo che la burocrazia c’entri molto in questo degrado. Da quando in Italia l’etica pubblica si è ridotta a caccia spasmodica alla corruzione, e tutte le gerarchie morali, sociali ed economiche – e poi, soprattutto, politiche – si sono inchinate a questa nuova etica pubblica, lo sviluppo si è fermato, e con lo sviluppo economico si è fermato lo sviluppo sociale, la cultura e la modernità.
La politica – tutta la politica, tranne eccezioni davvero rarissime – si è sottomessa a questo nuovo spirito pubblico, e la burocrazia – intesa come esasperazione cieca del controllo, esaltazione del controllo, certezza della colpa dell’interlocutore – è cresciuta in modo abnorme, diventando il punto di incontro tra poteri non democratici o extrademocratici, come il potere giudiziario e quello dell’informazione. Se non torniamo al sistema della democrazia, e quindi anche dei partiti, l’Italia è perduta.
Vedi, io sono convinto che la Dc – da De Gasperi a Moro – e anche il Pci – da Togliatti a Natta – fossero partiti che sopportavano con spavalderia un certo grado di corruzione. Però ti assicuro che continuo a pensare che quei partiti fossero giganti in confronto ai nani onesti del Cinque Stelle. E che la loro ideologia fosse un milione di volte superiore e più moderna dell’ideologia della burocrazia.
