Consip ha detto che non si possono comprare i respiratori per i moribondi perché il prezzo proposto non corrisponde agli standard di Consip. C’è un gruppetto di persone che ci lascerà la pelle perché gli standard di Consip non consentivano di gonfiare i loro polmoni. Un paio di giorni fa Nicola Porro – che, tra l’altro è anche lui malato di Corona e gli facciamo tantissimi auguri – dalla stanzetta dove è isolato e quarantenato ha scritto un articolo per il Giornale nel quale elenca diversi di questi casi. Riferiti alla lotta al virus e non solo. Ha raccontato di un ospedale bloccato dalla Protezione civile mentre tutto era pronto per tirarlo su in dieci giorni, ha raccontato di una gigantesca partita di mascherine bloccate – anche quelle dalla Protezione civile – mentre i medici di Brescia operano senza difese, faccia a faccia coi malati.

Non ha esagerato neanche di un oncia, Porro. È così. Figuratevi se uno non è contento delle misure che il governo sta prendendo per sostenere, stanziando dei fondi, la lotta dei sanitari contro il virus, e per sostenere anche, con altri fondi, il sistema economico messo in ginocchio dal blocco di tutte le attività e della vita sociale. Poi si può discutere finché si vuole, per decidere se c’è stato o no un eccesso di autoritarismo nel paralizzare l’Italia per fermare il virus. Uno comunque è spinto a comprendere le ragioni della serrata se poi non viene a sapere che in questa lotta spasmodica contro l’epidemia si trovano un gran numero di ostacoli non imposti dalla natura o dalla sfortuna, ma dall’organizzazione dello Stato. Perché la burocrazia è questo: è l’organizzazione dello Stato. E corrisponde perfettamente all’ideologia delle classi dirigenti.

Voi pensate che l’ideologia sia il comunismo, o il fascismo, o – meglio – il pensiero liberale? No, l’ideologia è una cosa più complessa perché è un impasto di idee, pregiudizi e potere di Stato. La burocrazia risponde a una precisa ideologia: quella poliziesca, sospettosa, nemica dello sviluppo, che ha trionfato in Italia negli ultimi 25 anni. Perciò in questi 25 anni la burocrazia è cresciuta a dismisura. In controtendenza con la nascita e lo sviluppo delle tecnologie, che avrebbero potuto azzerarla. Ma la burocrazia è forte: è l’unico potere che sa resistere alla modernità, senza affanni.

C’è un grande paradosso: questa ideologia ha surclassato i governi, i partiti, i gruppi dirigenti. Negli ultimi 25 anni, in Italia – finita la Dc, sepolto il craxismo, archiviato il catto-comunismo -. hanno governato (fino al 2018) gruppi politici liberali. Estremamente e radicalmente liberali (sul piano delle idee e dei programmi) come le forze radunate attorno a Berlusconi; o più moderatamente liberali, come i partiti guidati da Prodi, da D’Alema, da Veltroni, da Bersani e Renzi. E ciononostante, di liberale, in Italia, non è stato fatto pressoché niente. Forse si è realizzata una distribuzione del reddito dal basso verso l’alto. Ma questa non è l’essenza del liberalismo, questo è solo socialismo alla rovescia. L’idea liberale non è il rovesciamento dell’idea socialista, non è il regno dei ricchi e basta: è il luogo dove è la libertà a determinare la società e non viceversa.

Bene, l’Italia in questi anni non è stata governata dai politici liberali, ma da una gruppo dirigente silenzioso, formato da burocrati, giornalisti e magistrati, che ha imposto un’etica della burocrazia contrapposta all’etica della libertà.
Hanno imprigionato l’impresa, cancellato il conflitto sociale, fatto una guerra sacra agli investimenti e alla produttività. Il risultato? Lo diceva giorni fa, su questo giornale, Paolo Cirino Pomicino. Negli ultimi anni l’Italia è cresciuta del 4 per cento, la Francia del 25, la Germania del 26, la Spagna del 27. Le conseguenze di questa decrescita, non felice ma maledetta? Gli imprenditori sono meno forti e i dipendenti infinitamente meno forti. Non hanno più potere contrattuale e non hanno soldi. Bel capolavoro.

Ora col Coronavirus il capolavoro si sta ripetendo. Conta il controllo degli appalti, le regole, le regolette, i divieti, i codicilli. E l’Italia va alla rovina. Vogliamo deciderci a fare la guerra alla burocrazia e all’etica dei burocrati che travolge lo spirito di un Paese?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.