Caro direttore,
magari a questo punto Marco Travaglio ti risponde (nel caso, vedremo come e vedremo che cosa), ma non ci si può stupire se almeno fino a oggi ha svicolato. Non è abituato a rendere conto delle cose che dice. Meno ancora a dare spiegazioni su quelle che non dice e sul perché non le dice. Vedi in televisione, per esempio. Quando pure lo fanno (perché solitamente è lasciato in solitudine monologante) gli mettono davanti dei tontoloni che lui fa a pezzi, oppure alcuni magari anche bravi che però mandano tutto in vacca, come Sgarbi che lo chiama “pezzo di merda” e si becca una querela o Giuliano Ferrara che gli dice “sei l’uomo più sputtanato d’Italia dopo Berlusconi” e poi si alza e se ne va. E in quel canaio trionfa lui in ogni caso.

Quando però si tratta di contraddire in scomodità, in occasioni in cui non fronteggia lo sprovveduto mandato al macello o un istrione che fa volare i piatti, allora il giornalismo di Marco Travaglio si porta in latitanza. E’ probabile che rosichi, perché lo infastidisce assai essere preso in castagna, ma sa bene di poter contare su un sistema che l’ha messo dove l’ha messo, a dividersi il palco con i magistrati a cui dà del tu in faccia a una platea costituita dalla parte più impassibile dell’opinione pubblica, quella in orgasmo quando lui strilla che vuole vedere i condannati in catene.

E quindi come se niente fosse passa al giorno dopo: insulta il prossimo che non gli va a genio, per esempio chi osa respingere la proposta di Nobel per la letteratura a Di Maio o il magistrato che ha la colpa di non fare le vacanze con lui e si permette di non inchinarsi davanti all’eccellenza delle riforme del Dj finito alla Giustizia, e tanti saluti. Anziché rispondere, publica l’ennesimo articolo scritto da un magistrato in ritiro che ci spiega la bontà della Spazzacorrotti e che chi la critica è un garantista tarocco, e ciao.

Resta che del cosiddetto caso Consip, e delle strategie che alcuni avrebbero immaginato per implicarvi Il Fatto, noi abbiamo saputo (capendoci veramente poco) grazie a quel che ne ha scritto questo giornale, sulla base di non so più quale intercettazione. Ed è veramente significativo che la faccenda non ecciti il desiderio di intervento di Marco Travaglio e semmai ne determini la contumacia. Significativo ma, appunto, non sorprendente. Perché per alcuni le intercettazioni sono cattive tutte, mentre per altri ci sono quelle meritevoli e quelle no. Un po’ come le collaborazioni di giustizia, buone finché calzano sulle ipotesi d’accusa impasticciate dal compagno di ombrellone e poi, quando non filano più, arrivederci in Guatemala.  Che ti aspetti, dunque?