Abbiamo pubblicato sull’edizione di venerdì del Riformista un articolo che  riferiva di alcune intercettazioni telefoniche inquietanti, dalle quali risulta che i massimi dirigenti di Consip, all’inizio del  2017, stavano studiando una “strategia” (così loro la definivano nella conversazione) per il Fatto Quotidiano, e che avevano incaricato una ditta specializzata di occuparsi di tutta la questione.

Noi, naturalmente, non siamo in grado di dire, sulla base di quella intercettazione, di cosa si trattasse. Né tantomeno quale fosse questa strategia, né se poi sia stata o no attuata. È vero che in altre occasioni per una intercettazione di questo genere il malcapitato e inconsapevole soggetto del colloquio tra gli intercettati è finito in tutti i guai del mondo, ed è stato linciato da molti giornali come sicuro colpevole di orride malefatte.

Ma voi sapete che questo è un giornale garantista, che oltretutto è addirittura contrario alle intercettazioni, e quindi ci guardiamo bene dal considerare Travaglio colpevole di alcuna bricconata. Però, dal momento che le intercettazioni ci sono, sono depositate, dal momento che il mestiere principale dei giornalisti del Fatto è quello di spulciare nelle intercettazioni, e sicuramente lo hanno fatto anche in questo caso (visto che si
tratta dell’affare Consip, al quale sono sempre stati interessatissimi), possiamo immaginare che gli amici del Fatto, e Travaglio, conoscono perfettamente questa intercettazione (tra l’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, e il dottor Francesco Licci che all’epoca era il capo della commissione che doveva assegnare
gli appalti). Per questo ci permettiamo di chiedere al direttore del Fatto che ci spieghi bene la cosa. Del resto lui ha sempre dichiarato che la politica informativa del suo giornale è semplice: trasparenza, trasparenza, trasparenza. È solo per questa ragione che ci permettiamo di chiedere un chiarimento. Per la trasparenza.

Naturalmente io sono certo che Marroni e Licci, attraverso l’intermediario che avevano incaricato, non riuscirono in nessun modo a condizionare il Fatto. Anche perché conosco un po’  Travaglio, penso di lui tutto il peggio che si possa pensare perché so che è manettaro e forcaiolo come nessun altro in Italia, ma penso anche che sia un tipo al quale piace molto influenzare, e condizionare, e intimidire gli altri, ma che difficilmente si fa condizionare. A maggior ragione vorrei sapere cosa gli hanno
detto Marroni e Licci e cosa volevano da lui e in che modo volevano orientare l’atteggiamento del Fatto sull’affare Consip.

Anche perché il Fatto, sull’affare Consip, ha avuto un ruolo di guida, non solo per gli altri giornali ma anche per le Procure. Quindi è molto importante, per capire cosa è successo in quell’inchiesta, sapere cosa volevano, da Travaglio, Marroni e Licci.

P.S. Voi direte: ma magari Travaglio non ha letto il Riformista quel giorno. No, lo ha letto, e infatti già due volte ci ha preso in giro per un titolo nel quale si metteva il nome di Renzi vicino a quello di De Gaulle. Ecco, a questo proposito vorremmo spiegare una cosa: Marco, noi possediamo una categoria dello spirito, forse non notissima ai giornalisti, che si chiama “ironia”. Nel paragone tra Renzi e De Gaulle c’era questo: ironia. Infatti, non so se l’ha vista, abbiamo pubblicato una foto di Renzi minuscolo che dal basso in alto guardava un gigantesco De Gaulle. E poi do a Marco un’altra informazione. A una parte consistente della politica, dell’intellettualità e del giornalismo italiano, De Gaulle non è mai piaciuto. Per me, ad esempio, il termine gollismo è sempre stato vicino al termine fascismo. Ma lui, per sua fortuna, è troppo giovane per sapere queste cose.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.