Oggi, due anni fa, le elezioni politiche sancivano la prima volta di una donna alla guida del governo. «Vi sembra che stia un passo indietro agli uomini?», aveva detto Giorgia Meloni in una delle prime dichiarazioni da prima donna premier. No, in effetti. Però poi i suoi uffici avevano comunicato che la nuova inquilina di Palazzo Chigi gradiva essere citata al maschile: «Il Presidente del consiglio». Segno che la conquista del potere da parte delle donne necessita ancora di un’assimilazione, di un allineamento culturale anche delle sue stesse protagoniste. E che l’empowerment femminile richiede ancora un grande sforzo di ripensamento generale: con lodevoli eccezioni, rimangono poche le donne in posizioni apicali tanto nelle grandi aziende quanto nella PA e nelle istituzioni.

Troppe le donne che non riescono a conciliare gli impegni di lavoro e quelli famigliari. Le donne costrette a licenziarsi per seguire i figli e quelle costrette a non averne per perseguire obiettivi di carriera. Grandi manager e professioniste super qualificate che finiscono per guadagnare sempre meno dei colleghi uomini. Temi essenziali e urgenti dei quali si parla sempre troppo poco.

Per questo Il Riformista venerdì scorso ha tenuto a partecipare ai lavori di “Donne, economia, potere”, il 24mo appuntamento internazionale della Fondazione Marisa Bellisario, presieduta dall’instancabile Lella Golfo. Lavori di lobbying sulla politica che porta risultati: oggi debutta ad esempio il nuovo congedo di paternità con tre mesi retribuiti all’80% di cui godranno madre e/o padre di figli fino ai sei anni di età. Passi avanti su misure concrete, come chiede da tempo non solo la Fondazione Bellisario ma una civiltà che vuole investire sul futuro.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.