La premeditazione, su cui tanto aveva dibattuto la difesa è stata riconosciuta, ma non le aggravanti della crudeltà e dello stalking. Alla lettura della sentenza pronunciata oggi pomeriggio dalla Corte d’assisee di Venezia presieduta da Stefano Manduzio, si è concluso il primo grado di giudizio nei confronti di Filippo Turetta colpevole dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, uccisa nel novembre del 2023 con 75 coltellate. Il 23enne di Torreglia, in provincia di Padova è stato condannato all’ergastolo, ma con l’esclusione di due delle aggravanti principali,  riconosciute invece quella della premeditazione, dell’efferatezza, e dell’occultamento di cadavere.

“Sono state escluse due importanti aggravanti della crudeltà e dello stalking. Leggeremo le motivazioni della sentenza, ma non siamo delusi. È un ergastolo, la massima pena che si può infliggere”, ha detto Andrea Camerotto, zio di Giulia in attesa del deposito, entro 90 giorni, delle motivazioni stesse.

Il pm Andrea Petroni, nella requisitoria, aveva chiesto l’ergastolo, mentre la difesa del giovane – degli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera – aveva chiesto che le aggravanti fossero considerate insussistenti e che venissero riconosciute le attenuanti generiche, “in termini di equivalenza e subvalenza”. Sulla premeditazione il legale dell’imputato aveva provato a difendere il suo assistito: “Se c’è uno che non sa premeditare alcunché è Filippo Turetta. Non me ne voglia Filippo ma è insicuro. Che non ci sia stato nessun tipo di evento perturbativo – aggiungeva l’avvocato Caruso – è comprovato dal fatto che si organizzato per andare ai concerti anche quando non stavano più insieme. Se avesse avuto paura per la sua incolumità avrebbe dato appuntamento lei al suo futuro omicidio il giorno 11 novembre 2023?”. Turetta ha ascoltato la sentenza di condanna all’ergastolo a testa bassa, senza manifestare emozioni.

Redazione

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