Come ben sappiamo, non è mai esistita una eredità personale dei grandi leader e statisti politici. Può esistere, però, e da sempre, una eredità politica e culturale. Eredità che, al contempo, non può essere ridicolizzata. Penso, nello specifico, al “magistero” e alla “lezione” politica, culturale, istituzionale e di governo di Alcide De Gasperi, forse il più grande leader e statista politico del secondo dopoguerra. E questo non solo per ragioni oggettive ma anche, e soprattutto, perché le dinamiche politiche del passato non trovano più cittadinanza alcuna nella cittadella politica contemporanea.

Certo, è indubbiamente importante che molti – forse addirittura troppi – oggi ne richiamino la straordinaria coerenza nell’aver perseguito un disegno politico democratico, riformista, europeista, di governo e autenticamente costituzionale. E, con De Gasperi, anche quello del suo partito, la Democrazia Cristiana. Che continua ad essere politicamente criminalizzata da molti settori della politica italiana anche se molti suoi storici detrattori, su vari organi di informazione, adesso ne rimpiangono le gesta. Non possiamo però assistere passivamente ad operazioni che appaiono singolari, se non del tutto anacronistiche, sotto il versante politico. Penso, nello specifico, a chi oggi pensa di tradurre concretamente nella cittadella politica italiana una riflessione che le cronache dell’epoca riportano proprio ad Alcide De Gasperi. E cioè, la definizione della sua Democrazia Cristiana come di “un partito di centro che guarda a sinistra”. Operazione, un po’ goliardica, fatta propria oggi dal partito personale di Italia Viva. E questo per due ragioni di fondo.

Innanzitutto perché l’attuale coalizione di sinistra e progressista è composta – del tutto legittimamente – da tre sinistre che si contendono la leadership politica di quella futura alleanza. E cioè, la sinistra radicale e massimalista della Schlein; la sinistra populista e demagogica dei 5 stelle e la sinistra estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis. Una coalizione, come emerge ogni giorno in modo persino plateale, che non tollera al proprio interno la presenza di un’esperienza centrista, riformista e moderata. Se non come puro ornamento. Ne è conferma proprio l’esperienza del partito personale di Italia Viva che quotidianamente deve giurare politicamente fedeltà al progetto delle tre sinistre per essere accettata.

In secondo luogo “un partito di centro”, anche se “guarda a sinistra”, non può essere definito tale se si riduce ad essere l’espressione di una sola persona. Quello, al massimo, è un cartello elettorale che non declina un progetto politico ma è funzionale, come la concreta esperienza insegna, all’ottenimento di una manciata di seggi parlamentari da parte dell’azionista di maggioranza della coalizione. Per non parlare di coloro che confondono la concreta esperienza del magistero di Alcide De Gasperi e degli altri grandi democratici cristiani europei, che hanno dato un contributo decisivo per costruire, appunto, un’Europa democratica, unita e federale con altre esperienze distinte, distanti e lontane da quel progetto politico e costituente. Il pensiero, nello specifico, va all’intera tradizione della sinistra italiana e ad alcuni settori dell’estrema destra.

Ecco perché, prima di scomodare la storia con la S maiuscola, forse è consigliabile essere leggermente più prudenti. Perché si può, e si deve, giustamente ispirarsi al magistero politico dei grandi leader e statisti del passato. Meno consigliabile, invece, è sfregiarne il magistero con operazioni politiche che, più che propagandistiche, rischiano di diventare puramente, se non esclusivamente, macchiettistiche.