In queste settimane è argomento di dibattito pubblico il ponte sullo stretto di Messina, spesso usato come bandierina dal ministro Salvini, ma purtroppo poco si parla, o comunque in maniera inesatta ed approssimativa, dello sviluppo infrastrutturale finanziato dal PNRR nel centro-sud Italia.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha stanziato fondi per 31,5 miliardi per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, e di questi una consistente parte è destinata alle opere strategiche del centro-sud Italia. Tra queste ultime figurano la tratta Alta Capacità Palermo-Catania-Messina, la tratta Alta Velocità/Alta Capacità Napoli-Bari e la tratta Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria.

Focalizzandoci sull’infrastruttura siciliana, la maggior parte del tracciato, in particolare nella parte interna, sarà a singolo binario “veloce” con predisposizione per un futuro raddoppio o con un raddoppio in sede del tracciato esistente. Queste caratteristiche ci fanno subito dedurre come questa linea non sia neanche lontanamente vicina agli standard europei e come, malgrado rappresenti un sostanziale miglioramento rispetto all’attuale disastrosa situazione, non sia in ogni caso un passo così grande come spesso viene rappresentato.

Come cittadini di oggi e classe dirigente del domani dovremmo cercare, come la scuola “Meritare l’Europa” ci ha insegnato, di studiare approfonditamente le situazioni per essere in grado di prendere delle decisioni per le persone e per i territori che non lascino indietro nessuno. Ecco quindi che i numeri sopra citati quali velocità di progetto e fondi da impiegare non debbono essere letti come una mera elencazione di dati tecnici, ma come un mezzo fondamentale per capire cosa si stia effettivamente facendo e cosa invece si dovrebbe fare per includere ogni persona del nostro paese, affinché tutti abbiano le stesse opportunità e collegamenti. Dopotutto questo è il senso delle infrastrutture: collegare, unire.

Lorenzo Carini

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