Intervista a Sabino Cassese: “Al Quirinale non ci si candida e non si rifiuta”

SABINO CASSESE

Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, è tra quelle “riserve della Repubblica” che di diritto vengono chiamate in causa quando si pensa al prossimo Presidente della Repubblica. A chi glielo chiede nicchia, mostrando il certificato di nascita: 86 anni. Non molti di più di quanti ne aveva Sandro Pertini quando salì al Colle. «Ci sono incarichi per i quali non ci si può candidare, e che non si possono rifiutare», si limita a dire il professore. Ed è già eloquente.

Si va verso un bivio: se i referendum sulla giustizia saranno ammessi, gli italiani li voteranno. Se non saranno ammessi la politica potrà prendere l’iniziativa. Qual è il suo auspicio?
La riforma dell’ordine giudiziario, di cui c’è un grande bisogno, è un impegno troppo complesso per essere realizzato mediante referendum abrogativi. Questo non vuol dire che il referendum non sia utile: può servire da pungolo, a spingere il Parlamento ad adottare nuove norme, che sono necessarie.

A quali norme pensa?
Mi riferisco principalmente alle modificazioni ormai mature della procedura penale e di quella civile. A un nuovo assetto del Consiglio superiore della magistratura. Al ripristino della legalità costituzionale per quanto riguarda l’organizzazione del ministero della giustizia. Alla separazione dei gradi di indipendenza della magistratura giudicante e di quella requirente, così come implicito nell’articolo 107 della Costituzione. A una chiara separazione tra politica e magistratura, per evitare la politicizzazione endogena dell’ordine giudiziario. Ad altri temi di riforma che sono già sul tappeto. Alcune di queste riforme possono essere anche fatte modificando i comportamenti dei magistrati, ai quali bisognerebbe ricordare che i giudici parlano con le sentenze.

Il populismo giudiziario mostra il passo. Siamo davanti a una evoluzione della cultura politica?
Quello che viene chiamato comunemente populismo giudiziario comprende una varietà di atteggiamenti e di situazioni; non so se su tutti questi si possa registrare un mutamento. Credo che ci sia un convincimento comune su alcuni di essi. Si sta affermando il convincimento che il Consiglio superiore della magistratura deve funzionare in modo diverso, con procedure dirette ad assicurare il controllo del merito e delle qualità dei magistrati, valorizzando capacità, in qualche caso ottime, dei capi degli uffici. Mi pare abbastanza diffusa l’idea che le procure non possano debordare ed esternare, specialmente in presenza della lentezza degli organi giudicanti, lasciando in un limbo le persone oggetto di accuse. Ritengo che sia diffuso il convincimento che a capo dei tribunali e delle corti debbano essere posti magistrati che non siano soltanto maestri del diritto, ma anche buoni amministratori, in modo da assicurare un andamento più veloce della giustizia. Credo che vi sia un largo convincimento che occorra ristabilire l’indispensabile rapporto di fiducia tra amministrazione della giustizia e società. È certamente diffusa la convinzione che non si può andare avanti con sei milioni di cause pendenti e che quindi giustizia ritardata non è giustizia, come dicono gli inglesi. Su questi ed altri argomenti gli orientamenti sono maturi.

C’è una minoranza rumorosa, rumorosissima. I no vax e no green pass. Si può addirittura pensare a limitarne la circolazione, come in Austria?
La Costituzione è molto chiara, dispone che i cittadini hanno libertà di riunione, ma possono farlo pacificamente e senz’armi. È una condizione che non si verifica, e quindi lo Stato può intervenire nei modi che sono previsti dalle leggi, in particolare dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: obbligo di preavviso, potere di interdizione delle autorità di pubblica sicurezza, potere di scioglimento delle riunioni nei casi previsti dalla legge.

E lei sarebbe favorevole all’introduzione dell’obbligo vaccinale?
Basta leggere l’articolo 32 della Costituzione, che prevede la possibilità che venga disposta mediante una legge un “determinato trattamento sanitario” obbligatorio, purché non violi i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Altra cosa è se questo sia opportuno e non sia preferibile, invece di un obbligo generalizzato, un obbligo mirato, come quello introdotto per i sanitari, oppure come quello introdotto per insegnanti e dipendenti pubblici.

Il clima di intolleranza, di aggressività, di scetticismo scientifico e demolizione istituzionale dei No vax/No green pass da cosa nasce, a suo avviso?
Questa è materia per psicologi o analisti dei comportamenti della folla. È evidente che vi sono più componenti, una componente irrazionale, paragonabile al timore delle streghe, una componente ribellistica, una componente anti-scientifica e, infine, una componente di tipo imitativo. Mi chiedo quanto abbiano contribuito anche i mezzi di comunicazione, giornali, radio e televisione, nel dare grande risalto ad una minoranza di poche migliaia di persone rumorose, a paragone dei milioni di vaccinati in Italia e dei miliardi di vaccinati nel mondo.

Il governo Draghi dimostra il valore dei tecnici a dispetto dei dirigenti di partito. Ma anche che i partiti possono essere meno rissosi, se riuniti da chi fa la sintesi. Da questa lezione quale insegnamento si può trarre?
Un grande studioso dei partiti, il francese Maurice Duverger, che scrisse nel 1951 l’opera fondamentale in materia, distingueva i partiti in partiti di massa e in partiti di quadri. I partiti odierni sono ormai soltanto vertici che si raccolgono intorno a un leader. Mancano l’elemento della democraticità interna, quello della collegialità, quello del dibattito interno; mancano infine gli iscritti. Quelli attuali sono solo un ottavo degli iscritti ai partiti di 70 anni fa.

E per il futuro?
Per il futuro, le possibilità sono due punto: o si fanno rivivere i partiti come associazioni – così vengono definiti dalla Costituzione -, oppure si trova un surrogato dei partiti in grado di stabilire un contatto continuo tra società e Stato. Se questo non accade, aumenterà lo spazio vuoto tra società e Stato.