Abbiamo raggiunto il Presidente della Calabria, Roberto Occhiuto – Vicesegretario nazionale di Forza Italia – appena avuta la notizia: è stato indagato per abuso d’ufficio dalla Procura di Catanzaro. Il governatore ha annunciato le dimissioni per ricandidarsi con elezioni regionali anticipate il prossimo autunno. Stavolta, sembra, non saranno le Procure a decidere chi guiderà la Regione.

Presidente Occhiuto, come valuta l’intervento della magistratura?
«Sono un uomo delle istituzioni che governa una Regione complicata, e quindi in alcun modo voglio delegittimare la magistratura calabrese. Ma ciascuno fa il suo lavoro. Sono e resto convinto che nessuno debba dimettersi per un avviso di garanzia. Purtroppo però questa inchiesta, come quasi tutte quelle che riguardano la pubblica amministrazione, ha avuto l’effetto di paralizzare la macchina burocratica della Regione. Da 50 giorni è tutto fermo. Dirigenti e funzionari non firmano alcun atto: alcuni perché hanno paura, altri perché pensavano che il film fosse quello degli ultimi trent’anni in Calabria, quando nell’ultimo anno di legislatura inchieste giudiziarie – che dopo qualche tempo finivano nel nulla – decapitavano i presidenti, e facevano concludere la loro esperienza politica. La Calabria non si può permettere un immobilismo di questo tipo e per questa ragione ho deciso di dimettermi e ricandidarmi. I calabresi decideranno se la mia esperienza deve andare avanti o meno».

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una stagione in cui la giustizia sembra tornare ad affondare gli artigli nella politica. In Calabria, questo copione sembra ripetersi con una certa ciclicità. Teme che anche stavolta si stia cercando di condizionare l’iniziativa istituzionale?
«Proprio per questo mi sono dimesso, per evitare di fare la fine dei miei predecessori. In un Paese davvero civile la magistratura fa il suo lavoro, ma le inchieste non sono utilizzate come una clava, da una certa politica stracciona e giustizialista, per sovvertire la vita delle istituzioni e per indebolire, per questa via, avversari che non sarebbero capaci di sconfiggere in altro modo. Io credo che se in passato nel nostro Paese altri presidenti di Regione o altri sindaci avessero fatto quello che io ho deciso di fare, la vita di tante amministrazioni avrebbe avuto un altro svolgimento».

Quale messaggio vuole mandare ai calabresi in risposta all’affondo giudiziario?
«Voglio prima di tutto sottolineare che l’inchiesta che mi riguarda non si riferisce in alcun modo ad attività legate all’amministrazione regionale, ma a fatti relativi ad alcune società dalle quali sono definitivamente uscito. Ho deciso di rompere gli indugi, dimettermi e ricandidarmi subito per uscire da un pantano. Negli ultimi dieci giorni ho incontrato singolarmente e personalmente i leader del centrodestra: il premier Meloni, i vicepresidenti del Consiglio, Tajani e Salvini, e il leader di Noi Moderati Lupi. A tutti ho manifestato questa mia intenzione e tutti mi hanno dato il loro appoggio e il loro via libera. Quindi confermo quanto ho detto: mi ricandiderò e voglio che siano i calabresi e solo loro a decidere sul futuro della Regione».

Alla guida di una Regione non facile, rivendica un modello di efficienza amministrativa. Questa vicenda rimette in discussione lo stile di governo che ha adottato finora?
«Sono certo di aver lavorato con impegno, rigore e trasparenza e di aver ridato dignità alla mia amministrazione. La mia è una Regione che nei decenni passati è stata dipinta sempre in modo negativo, spesso fanalino di coda in tutte le classifiche. Noi invece abbiamo invertito questo trend e raggiunto risultati importanti. Non mi voglio fermare ora perché sono certo che possiamo andare ancora oltre, affermando un’idea di Calabria sempre più in crescita e positiva».

Tra commissariamenti e sfide strutturali, in questi anni ha affrontato nodi storici come trasporti, infrastrutture e riorganizzazione della macchina regionale. Cosa salva senza esitazione del lavoro svolto finora?
«In poco tempo abbiamo rimesso in ordine i conti della sanità. Un lavoro, condiviso con la Guardia di finanza, che ci consentirà di uscire presto da un commissariamento ventennale. Stiamo costruendo i nuovi ospedali fermi da decenni. Abbiamo rilanciato il sistema del trasporto aereo quando solo qualche anno fa stavano per chiudere gli aeroporti di Reggio e Crotone. Finalmente nella mia Regione si stanno realizzando tante opere pubbliche grazie ai fondi che abbiamo ottenuto dal governo. Solo per la statale 106, la cosiddetta strada della morte, sono stati stanziati 4 miliardi e i cantieri sono già operativi. Ho riformato il sistema dei rifiuti, dell’idrico, e dei consorzi di bonifica, smantellando tanti baracconi clientelari. Potrei continuare ancora elencando tante cose fatte ma la cosa di cui vado più orgoglioso è quella di aver iniziato a rovesciare l’immagine della Calabria che ora viene apprezzata da milioni di visitatori e percepita finalmente come una Regione dalle straordinarie opportunità».

Se dovesse ottenere un nuovo mandato, come rilancerebbe il percorso amministrativo? E in che modo intende blindare il futuro della Regione da nuove incursioni giudiziarie o da instabilità politica?
«Nel mio prossimo mandato sarò ancora più determinato a migliorare la macchina amministrativa. In quattro anni abbiamo alzato l’asticella ma è necessaria una svolta ancora più netta. Certo, non è facile realizzare un cambiamento così epocale in poco tempo. Sono percorsi delicati e impegnativi ma la strada è già tracciata. Per il resto ho detto e lo ripeto: i magistrati hanno il diritto e il dovere di indagare e controllare bene, su tutto. Allo stesso tempo, ritengo però che è troppo importante riuscire a governare in maniera celere e incisiva, senza tentennamenti, ma la politica – se non ha nulla da temere – non deve essere in ginocchio di fronte ai magistrati. La Calabria non può più permettersi il lusso di perdere altro tempo».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.