È ancora da dimostrare se le intenzioni di Forza Italia sullo ius scholae siano serie. Fatto è che non si tratta di una boutade agostana. Visto che siamo solo ai primi di luglio. Questo per smentire Matteo Renzi, che, l’altro giorno in Senato, aveva incalzato il ministro Tajani su una proposta di legge di FI che, da un lato, rischia di creare ennesime tensioni in maggioranza, dall’altro si rivela essere l’unico spazio di dialogo tra l’ala moderata del governo e il mondo riformista dell’opposizione.
Il ping pong Renzi-Tajani ha generato le prevedibili reazioni. Come quella di Giorgia Meloni, che al Forum in Masseria di Bruno Vespa ha tuonato: «Il centrodestra è composto da forze politiche diverse, da sensibilità diverse, altrimenti saremmo un partito unico. Ma questa è anche la ragione per la quale ci siamo dotati di un programma di governo. Io penso che sarebbe utile per tutti concentrarsi sulle priorità indicate nel programma, il tema della riforma della cittadinanza non è tra queste».
Invece tra i potenziali sostenitori della proposta, fuori dalla compagine governativa, si è fatto a gara tra chi riuscisse a mettere più alle corde gli azzurri. «Di ius scholae Tajani parla da tempo, ma si è limitato ai grandi proclami», ha commentato Ivan Scalfarotto (Italia Viva). «Puntualmente con l’estate, e anche per effetto del referendum, Tajani torna sulla riforma della cittadinanza e sullo ius scholae», ha aggiunto Riccardo Magi (+Europa). Più sagace Osvaldo Napoli (Azione): «Tema da conversazione sotto l’ombrellone o camminando su un sentiero alpino». Posizioni tutte in scia con lo storytelling renziano dell’«estate-riforme-chiacchiera».
Ciò non toglie che l’argomento fa davvero dibattito. Tant’è che le colonne portanti del riformismo in casa dem – Gori, Malpezzi, Madia, Quartapelle e Sensi – hanno voluto entrare nel trend. Passo positivo, confronto in Parlamento. Questo è il paradigma. Condiviso perfino da Majorino, che con quelle correnti proprio non ha nulla a che fare. Dal Nazareno quindi nessuna battuta, nessuna polemica. Bensì un’apertura che porta ad auspicare un qualcosa di più. Perché, come è vero che FI deve fare i conti con gli alleati, altrettanto potrebbe succedere al Pd qualora dovesse andare da Conte, Bonelli e Fratoianni a dire che con qualcuno della maggioranza si può parlare.
D’altra parte, siamo alle manovre tattiche. Con il caldo, il dibattito politico boccheggia. Vuoi anche per quello che succede nel mondo. Con una Lega in ritirata e Fratelli d’Italia fin troppo sicura della solidità della premier, Forza Italia ha tutto l’interesse a richiamare a sé l’attenzione. Su un tema che chi lo declassa a faccenda da ombrellone – unicamente per irridere l’avversario – ha in pancia un sensibile impatto sociale ed economico. Sull’effetto pratico della riforma è stato chiaro il sindaco di Torino e vicepresidente dell’Anci, Stefano Lo Russo, anche lui del Pd: «La proposta si interseca con la questione della crisi demografica. Non è un caso che lo stesso governo Meloni, pur a fronte di un’azione di contrasto all’immigrazione, abbia approvato un decreto flussi che alza l’asticella a 500mila persone». Sottolineando così la consapevolezza di Palazzo Chigi di quanto sia necessario creare una nuova generazione di italiani che disponga delle skill professionali coerenti con l’offerta di lavoro.
È urgente far fronte alle contraddizioni che il mercato dell’occupazione manifesta. A maggio gli occupati sono aumentati di oltre 400mila unità. Dato positivo se visto in assoluto, meno dal punto di vista anagrafico. Il lavoratore medio italiano è sempre più over 50. L’invecchiamento professionale e la scarsità di new entry spinge le imprese ad accelerare nel processo di automazione. Va bene. Ma questo richiede una disponibilità crescente di ingegneri e tecnici. E come la mettiamo se queste competenze tra gli italiani languono? «In assenza di immigrazione, la popolazione in età da lavoro è destinata a diminuire in modo significativo in tutte le principali economie dell’area dell’euro», scriveva in un paper la Banca d’Italia ad aprile, che nelle proiezioni 2023-2035 calcolava un calo della popolazione in età lavorativa (15-74 anni) dell’1,6% in Italia, rispetto all’1,4% in Germania, oppure a uno scenario stabile in Francia, o addirittura a un aumento del 3% in Spagna. Visto dalla prospettiva economica, lo ius scholae pretende che a parlarne in spiaggia si resti davvero a lungo.
