La Brexit tradita nel summit di Londra. Difesa, Pesca e mobilità: Starmer diventa il premier coraggioso

Britain's Prime Minister Keir Starmer, right, welcomes European Commission President Ursula von der Leyen and European Council President Antonio Costa ahead of a United Kingdom and European Union summit at Lancaster House, London, Monday, May 19, 2025. (Henry Nicholls/Pool Photo via AP) Associated Press/LaPresse

Difesa, commercio, pesca e mobilità. Può sembrare assurdo, ma ha ragione Farage a denunciare che il summit di Londra ieri, tra il governo britannico e i vertici Ue (von der Leyen e Costa), è stato il «tradimento della Brexit». L’incontro era finalizzato a ridisegnare – reset per dirla secondo i comunicati ufficiali – le relazioni diplomatiche tra le due sponde della Manica, dopo l’uscita del Regno Unito dall’Ue a inizio 2020. In agenda sono finiti proprio i temi che avevano portato a quello scisma. Londra e Bruxelles hanno concordato che la prima potrà partecipare al programma Ue da 150 miliardi di euro per l’industria della difesa, una volta concordati i dettagli per il contributo finanziario britannico.

Negoziati quadro

Si lavorerà poi a un allineamento dell’agrifood made in UK, agli standard fitosanitari e sanitari Ue e a una maggiore cooperazione energetica. Le aree di pesca britanniche saranno aperte ai pescherecci europei per altri 12 anni. Infine, proseguirà il confronto sulla mobilità per studio e lavoro nel Regno Unito dei cittadini Ue fra 18 e 30 anni. Affrontando i temi che avevano fatto vincere Reform Uk e la fronda anti-europeista dei tory, Starmer si presenta come quel premier coraggioso in grado di varcare rotte impopolari. Downing Street si sente forte grazie alle recenti stime di crescita del Pil (+0,7% nel primo trimestre dell’anno) e gli accordi commerciali con Usa e India. Vero: per entrambi, si è trattato di negoziati quadro. E il fatto che nessuna delle parti abbia accennato ai dettagli lascia intendere che questi non ci siano.

D’altra parte, Starmer è il solo leader mondiale aver chiuso un deal con Trump dopo il Liberation day. Chapeau! Ma questi risultati non bastano per nascondere che – per riprendere cosa scriveva il Financial Times ieri – “la Gran Bretagna post-Brexit dipenderà sempre dall’UE”. Come altrettanto Bruxelles non può permettersi di ignorare un’isola così grande e prossima alle sue coste. La reciproca disponibilità dei consumatori, il trasferimento tecnologico a doppio senso di marcia e le sfide di politica internazionale impongono all’Ue e al Regno Unito di stare sulla stessa barca. Sempre nel rispetto di una sovranità peer to peer. Come ha detto von der Leyen. Condizione che Bruxelles non ha mai negato. A nessuno Stato membro o richiedente tale. Ora a Starmer – il cui consenso è ai minimi termini – spetta il compito di convincere il nocciolo duro del brexismo. Nelle brughiere lontane dal Londra, dove alle amministrative di inizio mese Farage ha dilagato, l’Europa resta ancora quel burocrate liberticida da tenere lontano.