Europa
Elezioni in Polonia, Romania e Portogallo: la sinistra resta fuori dai radar. Il derby tra conservatori e popolari

Tre Paesi al voto, tre elezioni fondamentali per capire e intuire i movimenti e le aspirazioni dei popoli europei. Dopo l’ondata di destra che ha visto trionfare, ma non sempre governare, le forze conservatrici e nazionaliste, i risultati di Polonia, Romania e Portogallo pongono sotto la lente degli osservatori alcuni spunti interessanti. Non ci sono dubbi sul fatto che il tema polarizzante di questo voto sia stato la dicotomia a tinte manichee tra europeismo e anti-europeismo, o almeno così è stata raccontata e costruita dagli attori in gioco. A Est ovviamente questa marcata caratterizzazione del voto ha assunto una valenza ideologica e geopolitica, vista la vicinanza e l’appartenenza passata alla zona d’influenza del Patto di Varsavia e di quella Russia tornata a essere minacciosa ai confini dell’Europa.
Le elezioni annullate in Romania
In questi mesi abbiamo assistito – con un certo disgusto democratico – alle elezioni annullate in Romania, dopo un voto chiaro. Perché non si può scegliere quale risultato accettare o meno, e non si può bollare ogni avversario come filo-russo per proporne una squalifica. Il rischio è quello di innervosire il popolo di elettori, che vede le proprie scelte ribaltate e annullate in base a dei dogmi. Le democrazie sono più forti di quello che si pensa, e la libertà è un principio nel quale i popoli europei credono profondamente.
L’assenza della sinistra
Poi c’è un dato straordinario al quale si presta capziosamente poca attenzione e che, pur non essendo nuovo, emerge come un colpo – anzi tre – d’ariete da questi tre voti, diversi da loro, ma accomunati da una grande assenza: quella della sinistra. Sì, perché le tre competizioni, con tutte le differenze di ogni singolo Paese, hanno visto il vuoto delle forze di sinistra. Lasciando la dicotomia tra euroscetticismo ed europeismo alla destra e al centrodestra, e quindi alle forze conservatrici e popolari. Una dimostrazione di come la sinistra fatichi a trovare una ricetta politica e persino a far propria la causa dell’europeismo. Certo, si parla di elezioni nazionali, ma è chiaro come sussista un problema che non può essere risolto aleggiando fanatismi del passato, anche perché da quelle parti – eccetto in Portogallo – sono avvolti nella bandiera rossa.
Il fragile ingranaggio democratico
Anche nelle dinamiche europee, dove i socialisti governano con i popolari e i liberali dell’Alde, la sinistra sembra uscita dai radar, schiacciata dal macigno delle macerie dell’ecologismo. La ricetta italiana dell’unità delle forze di centrodestra sembra essere l’unica via per evitare tanto la frammentazione del voto quanto i giochetti elettorali tra il primo e il secondo turno. Anche perché demonizzare le forze politiche più estreme – tenerle fuori dall’arco costituzionale, come si era soliti dire nel nostro Paese nella Prima Repubblica – danneggia la buona funzionalità del sistema democratico. Non solo: impedisce che all’interno di quelle stesse formazioni emergano gli elementi moderati o riformisti capaci di riassorbire e stemperare gli acuti illiberali. La democrazia è un fragile ingranaggio solo se si ha paura di farla esercitare in pienezza.
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