In ogni caso sarà un cancellierato in salita. Il governo Merz è entrato in carica ieri dopo una giornata “all’italiana” per la politica tedesca. Franchi tiratori, pugnalate anonime, una Brandmauer (il muro tagliafuoco) alzata all’ultimo secondo per lasciar fuori dai giochi l’AfD. Viene da chiedersi quanto a Berlino ci sappiano fare con questi machiavellismi che da noi sono il pane quotidiano della politica. Nessuno infatti si sarebbe aspettato una bocciatura. Merz aveva bisogno di 316 voti a favore su 630 parlamentari totali del Bundestag. Gli hanno detto sì solo in 310. Contro 307 no, 3 astenuti e un voto non valido. I 9 parlamentari restanti erano assenti. Il problema è che la maggioranza sarebbe costituita dai 328 parlamentari della Cdu-Csu (208 in tutto) e dai 120 dell’Spd. Quindi a tradire Merz sono stati 18 suoi alleati.

Nel pomeriggio, poi, con i 325 consensi raccolti nella seconda votazione, Merz è passato. «Signora presidente, la ringrazio per la sua fiducia e accetto l’elezione», ha detto il neo-cancelliere alla speaker del Bundestag, Julia Klöckner. Per ritirarsi così in una sua “stanza delle lacrime” – come Conclave insegna – e rimuginare sull’accaduto. Si può sdrammatizzare e dire che è stata soltanto una giornata no. Voci del Ppe a Bruxelles fanno notare il peso dei 9 assenti. C’è stata poi la prassi non rispettata della lista dei ministri, di solito tenuta coperta fino all’ultimo dal cancelliere candidato. In questo caso, invece, Merz ha lavorato alla luce del sole. Un modo di procedere che pare abbia creato più scontento tra gli esclusi anziché soddisfazione verso una politica trasparente.

Oppure si può riflettere sui disagi interni alla Große Koalition. C’è chi dice che l’ala destra della Cdu sia insoddisfatta dell’alleanza con l’Spd. Scettica, a sua volta, una quota dei socialdemocratici, che non dimentica il fatto che Merz volesse votare la legge anti-immigrazione anche con l’AfD. È poi probabile che il cancelliere abbia pagato il prezzo per le intenzioni di allentare le regole di Bilancio. La stoccata gli sarebbe arrivata dai parlamentari più conservatori. Mentre i più filo-Ucraina e atlantisti erano impazienti di veder ripartire la locomotiva industriale tedesca.

Interpretazioni tutte sensate, che però non giustificano l’inizio difficile del governo. La Borsa di Francoforte fa da cartina tornasole: dopo una perdita dello 0,85%, ha chiuso a -0,3%. La recessione reclama stabilità. Si era data tanta fiducia a una coalizione in grado di camminare da sola. Invece, il secondo voto del pomeriggio – che di prassi si sarebbe dovuto tenere venerdì, dopo tre giorni di decantazione – fa capire che Cdu-Csu ed Spd hanno avuto bisogno dei Verdi e della Linke per costruire un muro di sbarramento contro la destra. L’AfD ha reclamato lo scioglimento del Bundestag e il voto anticipato. Le forze anti-establishment cercano sempre di capitalizzare il consenso. Lo si è visto più volte in Francia. Il “sistema” invece si chiude a testuggine. Teme di compromettersi con nuove elezioni. Il giochino è riuscito anche stavolta. Ma quanto potrà durare?