Alles Gute, Herr Merz! Friedrich Merz diventa il decimo cancelliere della Germania federale. Dopo che i 18 franchi tiratori al Bundestag questa mattina hanno affossato temporaneamente la sua nomina, il voto decisivo è arrivato oggi pomeriggio, con 325 preferenze.  Gli auguri di buon lavoro dovrebbero arrivargli dalle oltre 1.800 imprese italiane operative sul mercato tedesco. Quanto anche da tutta Europa. Perché, si sa, se la Germania sta bene, stiamo bene tutti. Noi italiani per primi. Nel 2024 il volume di affari con il mercato tedesco ha raggiunto i 146 miliardi di euro. Un duopolio che non ha eguali nel resto dell’Ue e che risente dei rallentamenti della macchina produttiva tedesca. Italia e Germania rappresentano il 42,5% dell’export totale Ue negli Stati Uniti. È urgente quindi che Roma e Berlino aprano un filo diretto sul tema. Ne va di tutta l’industria europea.

Merz può essere la persona giusta per un dialogo con Giorgia Meloni, che a sua volta vanta un rapporto privilegiato con la Casa Bianca. Già in campagna elettorale, il leader Cdu-Csu ha lanciato la proposta di un trattato commerciale transatlantico. Perché il progetto prenda vita, Merz dovrà convincere non solo l’aggressivo alleato americano, ma anche i suoi partner Ue più scettici. Macron in primis, da cui infatti il neo cancelliere vola già domani. Stando alle parole proprio di Merz, il nuovo governo tedesco dovrà essere «una voce sentita in Europa e nel mondo». È quello che l’Ue si auspica. Merz ha scelto volti poco noti e suoi fedelissimi, onde evitare di cadere nell’errore di Scholz, che ha fallito con il suo accanimento terapeutico per far sopravvivere una coalizione debole fin dalla nascita.

L’Spd si prende solo il ministero delle Finanze. Almeno tra quelli di peso. Incarico comunque non da poco. Al nuovo numero uno dei socialdemocratici, Lars Klingbeil, spetta il compito di traghettare la Germania oltre la cultura del no debito, senza se e senza ma. Economia, energia ed esteri restano invece riserva di caccia della democrazia cristiana. Di recente il Financial Times ha scritto che “il vento ha smesso di soffiare in Germania”. Nel primo trimestre di quest’anno, le fonti rinnovabili hanno rappresentato circa il 47% del consumo di elettricità dell’industria tedesca. Un netto calo rispetto al 56% dello stesso periodo nel 2024. Questo nonostante la Germania abbia continuato a espandere la propria capacità di generazione da fonti green. Le fabbriche non consumano energia perché non producono. Ma l’energia in Germania costa. Per questo – specie dopo quanto successo in Spagna – la ministra Katherina Reiche, ex manager di E.On, investirà in nuove centrali a gas e impianti di carbon capture. Idee altrettanto chiare sui temi esteri e Difesa. Johann Wadephul, il capo della diplomazia berlinese, è un falco degli aiuti all’Ucraina e atlantista convinto. Più noto Boris Pistorius (Spd). Confermato alla Difesa. Sarà lui a gestire il piano di riarmo tedesco.

Certo, agli auspici che accolgono il nuovo governo fa da contraltare il caso Afd. Difficile dire se sia stato un azzardo nei tempi o una banale coincidenza l’uscita del dossier dell’Intelligence che potrebbe bollare Alternative für Deutschland come “partito di estrema destra”, escludendolo dal dibattito parlamentare, ma dandogli anche tanta materia da cui trarre consenso, fare vittimismo e attirare l’attenzione. D’altra parte, Merz non è caduto nella polemica. Bensì ha voluto diradare qualsiasi sospetto che il suo esecutivo possa mai dialogare con loro. La nuova ministra della famiglia, Karin Prien (Cdu), è la prima donna ebrea ministro di un governo tedesco dai tempi dell’Olocausto. Figlia di genitori scampati alla Shoah, dal 7 ottobre indossa una Stella di David. A Berlino hanno le idee chiare. Tutta l’Europa è avvisata.