Germania
Così Bundestag e del Bundesrat possono far fuori AfD. I dubbi sul destino di Alice Weidel

Ma una spada di Damocle è piombata sulla politica tedesca ancor prima che il governo vedesse la luce: venerdì scorso l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV), agenzia di intelligence, ha classificato l’AfD come partito estremista di destra. La ministra dell’Interno uscente, Nancy Faeser (SPD), lo ha annunciato prima di lasciare l’incarico, avvisando Scholz e Merz all’ultimo momento.
Il BfV aveva iniziato l’indagine su AfD nel 2021 producendo un dossier di 1100 pagine, per il momento secretate. Oggi, al partito di Alice Weidel, viene contestata la violazione dei principi costituzionali perché, con le loro dichiarazioni estremiste e prese di posizione anti immigrati, sono un pericolo per la democrazia e non rispettano i principi della dignità umana. Una dignità umana che, com’è facilmente comprensibile, in Germania viene salvaguardata in modo particolare. Negli attuali sondaggi, AfD viaggia tra il primo e il secondo posto: è il primo partito nella ex Germania dell’est, ma allo stesso tempo è infestato dai “Reichsbürger”, autarchici che non riconoscono la Repubblica federale e rivogliono indietro la Germania dei confini del 1937, come racconta, nei suoi tanti reportage, Tonia Mastrobuoni su La Repubblica.
Anche i “bio-nazi” negli ultimi anni hanno assunto un ruolo sempre più determinante nelle scelte della formazione politica. Alice Weidel ha dovuto anche sciogliere la formazione dei giovani di AfD, perché estremizzati. Non solo, tanti suoi esponenti di primo piano sono stati denunciati per incitamento all’odio. Il quadro è questo: da una parte un partito con tanti consensi, dall’altra, come dichiarano i servizi segreti, un’organizzazione che non rispetta le fondamentali regole costituzionali sancite dai tedeschi dopo la guerra. Regole che hanno permesso alla Germania di essere una democrazia compiuta con tanti anticorpi. Il dossier dei servizi segreti non mette al bando il gruppo di Weidel. Questa sarà una scelta che spetterà alla Corte costituzionale, dopo una esplicita richiesta del Bundestag e del Bundesrat. Ovviamente AfD si è ribellato subito e ha fatto causa, rifiutando la denominazione di partito di estrema destra. Il resto della politica, CDU/CSU e SPD, per ora si barcamena e dice che la questione va affrontata.
Nei giorni scorsi, tuttavia, un politico di primo piano come Jens Spahn, CDU, ex ministro della Salute dell’ultimo governo Merkel e candidato a diventare il presidente dei parlamentari CDU nel Bundestag, aveva affermato che bisognava considerare AfD un partito come tutti gli altri, ipotizzando aperture verso incarichi nelle commissioni parlamentari. Anche Markus Söder, CSU, potente Ministro e Presidente della Baviera aveva lasciato intendere un’apertura verso la fazione accusata. Ma con la “mazzata” dei servizi segreti, hanno deciso di indietreggiare. È certo che, dentro CDU/CSU, un avvicinamento verso AfD c’è stato e sono in molti a pensare di poter collaborare. Anche Merz, prima delle elezioni, aveva accolto i voti della formazione di Weidel per una mozione a favore dei rimpatri.
Di contro, in un sondaggio della Bild/Insa di domenica, il 48% dei tedeschi sostiene che vada bandito, contro il 37% che si dice contrario. La scelta di fronte alla quale si trova oggi la Germania è molto delicata: salvaguardare i principi democratici e, nello stesso tempo, contrastare le spinte estremiste che ledono la Costituzione. Mi auguro che entrambe le cose vengano tutelate. Se una democrazia è forte, è in grado di contrastare le spinte estremiste attraverso la politica. D’altro canto, AfD dovrà fare un grande repulisti. Ne sarà in grado?
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