Nel corso della scorsa settimana, su questa testata, abbiamo parlato delle forti tensioni tra Stati rispetto al gerrymandering. La principale voce che si è alzata dal campo democratico è stata quella di Gavin Newsom, il carismatico governatore della California. Non è la prima volta che Newsom si oppone ai repubblicani e, in particolare, al Presidente Donald Trump. Si pensi al pesante scontro avvenuto in occasione delle proteste contro le espulsioni dei migranti, che portarono il Presidente a federalizzare la guardia nazionale e a minacciare addirittura l’arresto del governatore.

È difficile inquadrare in dei binari ben definiti il Governatore. Arriva alla ribalta politica nel 2003 quando diventa sindaco di San Francisco. Dal 2011 al 2019 è vicegovernatore della California, per poi diventarne Governatore nel 2019. A novembre prossimo, però, scadrà il suo secondo mandato, non potrà più candidarsi, e molte mosse recenti fanno credere che il suo futuro sia, almeno nelle sue intenzioni, alla Casa Bianca. In questa direzione punterebbero una serie di scelte degli ultimi mesi, come ad esempio il tour della South Carolina, Stato tipicamente repubblicano in cui Newsom è andato a tastare il terreno. Lo ha fatto in luoghi degli Stati Uniti in cui le politiche e la retorica californiana sono viste quasi con sospetto.

Oltre questo, il democratico sta dimostrando la sua flessibilità e un certo acume nel leggere la situazione del Paese, conscio del fatto che l’esperienza di Kamala Harris, seppur pesantemente influenzata da altri fattori, ha dimostrato che il modello liberal non funziona come dovrebbe, lontano dalle grandi città. Questo ha portato il Governatore ad alterare la sua posizione, ad esempio, rispetto ai grandi produttori di petrolio, con delle proposte legislative volte a creare un clima più favorevole all’estrazione, dopo anni in cui Newsom aveva criticato l’avidità delle compagnie petrolifere, ritenute responsabili degli altissimi prezzi che caratterizzano la California.

Questo non significa però che non ci sia una forte attenzione all’ambiente e all’innovazione, dato che tanto capitale politico sta venendo speso sulla (costosissima) linea di alta velocità che collegherà San Francisco e Los Angeles, linea a cui Donald Trump recentemente ha tolto circa 4 miliardi di finanziamenti federali. Non possiamo poi non citare il podcast “This is Gavin Newsom”, in cui il governatore dialoga con varie figure ogni settimana. Il suo contenuto ha generato scalpore nella base democratica californiana quando, dialogando con l’influencer e attivista repubblicano Charlie Kirk, ha dichiarato di non ritenere corretto che gli atleti transessuali possano competere nelle competizioni sportive femminili. Bisogna riconoscere a Newsom il fiuto verso l’umore politico nazionale, ricordando però che, dopo il dibattito presidenziale che portò al ritiro di Joe Biden, fu proprio Newsom a difendere strenuamente l’ormai ex-Presidente.

Un tenace governatore di uno Stato fermamente democratico, capace tanto di attaccare duramente e continuamente Donald Trump quanto di riconoscere con franchezza (e astuzia) alcune posizioni impopolari del suo partito. Con il suo secondo mandato in scadenza e con un partito democratico in cerca di un leader nazionale carismatico, Gavin Newsom sarà determinato ad entrare nella scena politica nazionale. Le sue credenziali progressiste e il suo carisma potranno fare breccia nell’America profonda? Sembra che il primo a voler trovare la risposta sia proprio lui.

Michele Luppi

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