Esteri
La nuova tecnocrazia americana sembra Putin contro l’Europa: i burocrati della tecnologia Usa recitano lo stesso copione del Cremlino
Al disimpegno degli Stati Uniti si unisce la rivoluzione dei satelliti e dell’IA

Alcuni anni fa un articolo di Time – “Wanted people Renaissance” (Cerchiamo gente del Rinascimento) – descriveva un’America che guardava alla storia e alla cultura dell’Europa: l’avvento dirompente della tecnologia negli stili di vita e nel modo di pensare suggeriva una riscoperta delle radici profonde della civiltà ereditata dal vecchio continente che Umanesimo e Rinascimento avevano ben rappresentato esprimendo valori universali. Quanto sia cambiata questa consonanza ideale da una parte dell’America lo si può riscontrare dalle parole e dalle azioni dell’establishment che da un paio di mesi la rappresenta. L’abbandono dell’alleanza atlantica e la sottostima degli organismi internazionali, di cui gli Usa hanno fatto parte come simbolo di appartenenza ai consessi delle democrazie occidentali, sono accompagnati dalla marginalizzazione e dal disprezzo (“L’Europa ci ha truffati”), sentimenti di rancore e distacco mai ascoltati dal Dopoguerra ai giorni nostri.
Il trattamento riservato all’Europa fa il paio con il disimpegno americano – un vanto personale di Trump – nei confronti dell’Ucraina: è una faccenda che riguarda l’Ue; per questo il sostegno militare e soprattutto il servizio di Intelligence sono stati ritirati con una sovraesposizione drammatica e immediata di Kiev e del suo esercito continuamente e ininterrottamente sottoposti a bombardamenti di missili e droni, diventati improvvisamente inintercettabili. Ciò accade unilateralmente da oltre tre anni, perché la Russia non ha mai smesso di attaccare, disponibile – a parole – a spiragli di trattativa rigorosamente alle proprie condizioni.
Il prossimo summit di Riad si aprirà in un clima di incertezza e di soccombenza ucraina. Ciò sembra lasciare del tutto indifferente Trump, più preoccupato a stringere i tempi sulla cessione agli Usa delle “terre rare” per compensare gli aiuti in armi e munizioni ricevuti dal suo predecessore Biden. Si aggiunga la scure incombente minacciata da Musk, che ha ventilato l’ipotesi di “staccare” Starlink lasciando isolato e perdente il Paese aggredito e stremato (“Senza Starlink crolla il fronte”, anche se poi questa minaccia è stata revocata). Nonostante ciò, c’è chi auspica di cedere proprio a X e Starlink le nostre reti satellitari.
Circola sul web il video di un intervento nel Parlamento francese del senatore Claude Malhuret, che sostiene apertamente – pur senza farne menzione – la linea di Macron: un attacco inusitato che nelle Camere italiane non si è finora ascoltato. “Trump è un Nerone incendiario circondato da cortigiani sottomessi e da un buffone sotto ketamina”: si tratta dello stesso consigliere e coordinatore della politica di governo di Washington che qualcuno ha definito un genio, tanto che – per dimostrarlo – pare abbia chiesto di incontrare Mattarella.
Dopo il tranello della messinscena mediatica alla Casa Bianca, Trump continua a battere il chiodo di uno Zelensky “che non ha le carte”: un linguaggio da gioco d’azzardo che è una strategia condivisa dall’oligarchia tecnocratica e negazionista, oltre che dai vari think tank conservatori e ultranazionalisti che sostengono il presidente degli Stati Uniti. Parole mai dette, stile aggressivo e spietato, cinismo eloquente che non tiene conto né della radicata amicizia tra Usa ed Europa né dell’evidenza palese che il filoputinismo dimentica: l’Ucraina è un Paese aggredito, la Russia un Paese aggressore. Il disegno di una nuova Yalta a matrice tripolare è fin troppo evidente: con Mosca e Pechino ci si spartirà il mondo, le autocrazie divoreranno le democrazie fino ad annientare la loro sfera di influenza.
“Dite una preghiera”, scriveva in un editoriale Michele Serra, che ora porterà in piazza una moltitudine multicolore comprendente aspiranti pacifisti, difensori dell’Europa e monsignori di Voltaire: ci saranno infatti anche coloro che stanno predicando il disarmo e il disimpegno in nome della coesione sociale e delle bollette. L’iniziativa è lodevole e concede visibilità, purché non finisca nel solito, retorico sventolio di bandiere.
La politica si divide sul piano di Difesa e riarmo (si può dire questa parola?) ipotizzato da Ursula von der Leyen, ma bisogna tener conto che – vinta la guerra in Ucraina e smembrato quel Paese – Putin non si fermerà: Moldavia, Romania e Paesi Baltici sono già sotto mira. Ma intanto, insieme alla carneficina che ha tinto di rosso sangue questi tre anni di massacro dell’Ucraina, si profila un disimpegno Usa verso l’Occidente, con il pallino dell’America First, accompagnato dai satelliti e dall’Intelligenza Artificiale: il pericolo di una scomparsa dell’Europa (che sogna un allargamento dai 27 ai 37 Stati membri) è reale sotto l’egida del “virtuale” che solidarizza con il megafono stonato della propaganda filoputiniana. Una strategia tutta da intuire in nome della “realtà aumentata”, che potrebbe mettere in mano ai tecnocrati e ai despoti la nostra millenaria civiltà.
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