Era il 1979 e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottava la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna. Un evento, un documento moderno che suggellava un importante passo. La parità di genere sembrava una questione ormai risolta, qualche ultimo dettaglio da perfezionare et voilà, ecco le donne messe sullo stesso piano degli uomini. Mai le nostre nonne e le nostre zie si sarebbero immaginate che oggi, nel modernissimo 2020, le loro discendenti si sarebbero trovate a lottare ancora una volta per veder riconosciuto un merito, uno spazio, o semplicemente il diritto di tornare al lavoro dopo due mesi di quarantena. “Le donne meritano” è il titolo che abbiamo dato alla campagna lanciata insieme alle colleghe parlamentari, che battezzi una nuova (si spera l’ultima) battaglia per rendere prassi consolidata l’attuazione dei diritti delle donne, il riconoscimento dei loro meriti, la parità di genere. Oggi siamo ancora a lottare per spazi che dovrebbero essere scontati.
Non è straordinario e non deve essere necessario dire grazie, per esserci a pieno titolo.
Oggi ci aspetta la battaglia più difficile, quella della ripartenza economica e sociale, e per le donne vale come battaglia doppia. I dati parlano chiaro: le scuole rimarranno chiuse fino a settembre e nel 72% delle famiglie sono gli uomini a tornare a lavoro, perché sono quelli che guadagnano di più e poi, si sa, è consuetudine. Sono consuetudini queste, talmente consolidate quanto desuete, dure a morire. Gravi non solo sul profilo dei diritti ma anche della perdita di crescita economica di cui l’Italia si priva. Oggi noi diciamo basta, e lo diciamo forte. Non chiediamo #datecivoce, decidiamo di #darcivoce in una sorta di conflitto generativo con le consuetudini. E lo facciamo con una mozione depositata nella più grande task force del nostro Paese, il Parlamento, l’unica legittimamente autorizzata dagli italiani a scegliere il loro futuro. Diciamo basta alle regole ad hoc per riconoscere meriti che ci spettano di diritto, basta ai d.p.c.m. raffazzonati che prevedono tutto, dalle molteplici definizioni di affetto, agli svariati modelli di autocertificazione passando per la regolamentazione della corsetta all’aperto, ma ancora non c’è stato nessun decreto, nessun provvedimento che ci abbia ancora detto come possono fare le donne per non essere costrette a trovarsi per l’ennesima volta davanti alla scelta atroce: scelgo la famiglia o il lavoro? Noi scegliamo di pretendere di esserci.