Un mea culpa a suo modo storico. La Lafarge, gigante francese del cemento, si è dichiarata colpevole negli Stati Uniti per aver pagato l’Isis, lo Stato Islamico, e il Fronte al Nusra, gruppo terroristico affiliato ad Al Qaeda, per proteggere le proprie attività in Siria durante la guerra nel Paese tra il 2013 e il 2014.

Lafarge, che nel 2015 si è fusa con la svizzera Holcim creando così una delle aziende più grandi al mondo nel settore dei materiali da costruzione, ha concordato con le autorità statunitensi il pagamento di una multa da 778 milioni di dollari ammettendo di avere sostenuto economicamente organizzazioni terroristiche straniere, tramite la propria sussidiaria Lafarge Cement Syria, ora chiusa.

Ad accusare la Lafarge è stato il dipartimento di Giustizia americano perché alcuni dei trasferimenti di denaro tra la società francese e i due gruppi terroristici sono passati attraverso gli Stati Uniti. Nel procedimento in corso presso la corte federale di Brooklyn, a New York, l’azienda ha dunque preferito patteggiare una maxi multa.

Il contesto in cui è avvenuto l’accordo tra Lafarge e le due organizzazioni terroristiche è quello della Siria sconvolta dalla guerra: nel Paese l’azienda francese aveva aperto nel 2010 un impianto nella parte settentrionale, investendo sull’opera circa 700 milioni di dollari. Di fronte al rischio di dover interrompere la produzione e per proteggere l’impianto, Lafarge ha quindi pagato le due due organizzazioni terroristiche tra agosto del 2013 e ottobre del 2014 per assicurarsi la possibilità di continuare ad utilizzare l’impianto, che in quel periodo produceva circa 70 milioni di dollari di ricavi per la società.

A fronte di questi incassi, Lafarge secondo il dipartimento di Giustizia statunitense pagò poco meno di 6 milioni di dollari anche per pagare degli intermediari che potessero nascondere le prove del coinvolgimento della società nei finanziamenti all’Isis e al Fronte al Nusra.

Stando alle accuse americane, alcuni dirigenti dell’azienda aveva anche provato ad elaborare un secondo piano che avrebbe previsto la condivisione di parte dei ricavi con lo Stato Islamico, a patto ovviamente che sui contratti non comparisse il nome della società francese. Ma gli accordi con l’organizzazione terroristica erano anche in ottica di ostacolare la concorrenza: alcuni dirigenti di Lafarge, che ora non lavorano più all’interno della multinazionale, avrebbero chiesto a rappresentati dell’Isis aiuto per ostacolare la concorrenza nel settore, in particolare per evitare che venisse importato in Siria cemento dalla vicinia Turchia.

L’accordo di fatto si concluse nel 2014, quando Lafarge fu costretta a lasciare l’impianto per l’avanzata dall’Isis in quella parte di Siria settentrionale.

I guai per la Lafarge nono sono però finiti: pur avendo accettato il pagamento di una multa negli Stati Uniti, il colosso del cemento deve fare fronte ad una seconda iniziativa legale in Francia, dove l’azienda è accusata di coinvolgimento in crimini contro l’umanità, una causa portata avanti da diversi soggetti come il Centro europeo per i diritti umani e costituzionali (ECCHR), una organizzazione non governativa con sede a Berlino.

La Lafarge ha respinto le accuse di aver messo in pericolo i suoi dipendenti in Siria e di aver commesso crimini contro l’umanità, sostenendo inoltre che dall’ammissione di responsabilità non possano derivare conclusioni su altri processi in corso con accuse molto diverse da quelle risolte negli Stati Uniti.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia