Meno di un mese e gli italiani saranno chiamati a votare, lavoro e sviluppo restano temi cruciali in un dibattito politico, però, sempre più orientato ad accaparrarsi poltrone e consensi e non a fornire strategie concrete. Ne abbiamo parlato con Osvaldo Cammarota, operatore di sviluppo e coesione territoriale.
Creare lavoro e sviluppo è un tema un po’ trascurato nel dibattito elettorale. Si promette di tutto con i fondi europei, ma basteranno?
«Credo che ci sia un vuoto di elaborazione sulle strategie operative che possano produrre lo sviluppo sostenibile, inclusivo e resiliente che tutti dichiarano di volere. I flussi finanziari dall’Unione Europea sono subordinati a Politiche comunitarie che si stenta ad attuare. La politica dovrebbe capire che almeno il 50% degli elettori non crede più a propagande prive di fondamento».
Come pensa che il lavoro si possa creare con una strategia? E quale?
«Ne parleremo il 7 settembre al Circolo Ilva Bagnoli in una Convers-Azione su come creare lavoro nel territorio e nel tempo che viene. “Strategia” non è una parola astratta, vuol dire azioni nel tempo; per essere efficace, deve partire dalle condizioni di contesto e raccordarsi all’epoca in cui viviamo. Siamo in epoca di crisi del modello fordista e di contestuale globalizzazione dell’economia e della società. I luoghi e i fattori di produzione sono il territorio e il capitale umano in grado di valorizzare le risorse di cui si dispone. La moderna industria del turismo, ad esempio quale futuro può avere se il territorio in cui intende svilupparsi non offre ambiente, beni e servizi di qualità?»
In che senso il territorio è il luogo e il capitale umano è il fattore di produzione?
«L’Area Flegrea è un caso concreto ed emblematico. Dopo la chiusura delle grandi fabbriche, il territorio ha riscoperto le risorse endogene. Intorno alle proprie identità culturali, paesaggistiche, agroalimentari, artigianali, marinare, c’è un fiorire di iniziative Ma questa economia diffusa si sviluppa in forme disordinate, spesso con caratteri di precarietà, informalità, talvolta ai limiti della legalità e, pertanto, non ha risolto problemi ambientali, di squilibri e diseguaglianze sociali nelle stesse comunità locali. Il rischio è che questa operosità confusa distrugga le sue stesse fonti».
Cosa manca?
«La Politica dovrebbe accompagnare questo vitalismo produttivo in sentieri di legalità, integrazione e coesione. Questo territorio ha beneficiato di investimenti per il recupero di Beni culturali e infrastrutture materiali; anche l’idea di “Procida capitale” è animata da buone intenzioni, ma sono interventi che hanno il limite della settorialità, mancano di visione sistemica. L’onere di fare coesione è stato spontaneamente assunto da Malazè, una associazione locale che parteciperà alla ConversAzione. Avremo anche una sfilata di moda di una impresa femminile che, nel contesto emiliano-romagnolo, è stata capace di produrre tessuti dalle ortiche! Figuriamoci cosa si potrebbe fare nell’Area Flegrea».
In conclusione, quale contributo pensate di apportare al dibattito Politico?
«Il Circolo Ilva Bagnoli è un luogo-simbolo della cultura del lavoro e della solidarietà sociale, valori che sembrano smarriti in questa fase di turbocapitalismo finanziario. Per essere resiliente, lo sviluppo deve essere frutto di costruzione sociale. Serve coltivare moderni fattori di comunità, primo fra tutti l’uguaglianza di diritti e opportunità. Per questo avremo il contributo del Forum Diseguaglianze e diversità. L’auspicio è che i cervelli in fuga trovino motivi per restare nel proprio territorio e contribuire al suo sviluppo. Ma non serve dare soldi a pioggia. Serve, appunto una strategia di sviluppo orientata ai luoghi e costruita con processi partecipativi. Del resto è quel che da trent’anni ci suggerisce l’Europa».
