Una fotografia preoccupante quella scattata al Mezzogiorno da Svimez. Un Sud che procede a passo lento, sempre indietro rispetto al Nord e soprattutto lontano dagli obiettivi posti dal Pnrr: il rischio di non spendere in tempo i fondi europei è altissimo. Dalla crescita del Pil, agli effetti della guerra in Ucraina, alla condizione delle imprese, fino ai servizi essenziali offerti ai cittadini, il risultato dell’analisi è il medesimo: il Mezzogiorno arranca. «Le anticipazioni del Rapporto Svimez fotografano un Sud che da un lato ha partecipato alla ripresa economica del 2021 e 2022 in maniera significativa, e questo è un fatto nuovo. Quello che a noi preoccupa invece è il futuro, e la fine del 2022 e il 2023 in particolare, per il nuovo quadro congiunturale – spiega il direttore Svimez Luca Bianchi – I dati del rapporto evidenziano come il picco dell’inflazione si faccia sentire soprattutto nel Mezzogiorno. Questo impatta in particolare sulle famiglie a basso reddito, più diffuse al Sud, anche perché l’inflazione si fa sentire soprattutto sui beni di prima necessità e sui consumi energetici’’. «Infatti, noi per il 2023 e il 2024 prevediamo una riapertura del divario tra Nord e Sud».

Per quanto riguarda il Pnrr, il direttore Svimez afferma che «si conferma un elemento decisivo per la ripresa degli investimenti al Sud. Noi in particolare nelle Anticipazioni ci soffermiamo su un aspetto fondamentale del Pnrr che sono le infrastrutture sociali, e in particolare la scuola. I dati che noi presentiamo – conclude – evidenziano un forte divario, considerando per esempio che oltre il 60% degli alunni del Sud non ha né la mensa né la palestra, e che il tempo pieno è molto minore nel Mezzogiorno. Tutto questo – conclude – si traduce in minore acquisizione di competenze e quindi minore sviluppo. Bisognerebbe concentrarsi soprattutto sul riallineamento dell’offerta di servizi essenziali». Vediamo i dati scritti nero su bianco nelle anticipazioni del rapporto Svimez presentato ieri alla Camera a partire dall’aumento dei prezzi. Il picco dell’inflazione del 2022 dovrebbe interessare in maniera più marcata il Mezzogiorno (8,4%; 7,8% nel Centro-Nord), dove dovrebbe essere più lento anche il rientro sui livelli pre-shock. Questa dinamica dovrebbe determinare impatti più pronunciati sui consumi delle famiglie e sulle scelte di investimento delle imprese, anche con potenziali problemi di continuità aziendale più concreti nel Mezzogiorno. Se Crollano i consumi al Sud nel 2023-2024. gli investimenti crescono nel 2022 (+12,2%) più che al Nord (10,1%) per poi rallentare significativamente negli anni successivi. E vediamo il Pil. La crescita del PIL italiano è stimata dalla SVIMEZ al +3,4% nel 2022. A rallentare la crescita nazionale – quasi un punto sotto le previsioni pre-shock Ucraina – è soprattutto la frenata di consumi e investimenti, in entrambi i casi con effetti di composizione sfavorevoli al Mezzogiorno tali da determinare la riapertura della forbice Nord-Sud nel ritmo di crescita (+2,8% nel Mezzogiorno, +3,6% nel Centro Nord) che prima del nuovo shock sembrava potesse rimarginarsi. Il Mezzogiorno, comunque, recupera nel biennio 2021-2022 i livelli di PIL pre-pandemia. Nel 2023, il Pil dovrebbe segnare un incremento dell’1,7% nelle regioni centrosettentrionali, e dello 0,9% in quelle del Sud. Nel 2024, si manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Sud di circa 6 decimi di punto: +1,9% al nord contro il +1,3% del Sud. Per quanto riguarda l’occupazione, invece, Svimez sottolinea una crescita del lavoro al Sud che ritorna ai livelli pre-pandemia: crescono i numeri ma diminuisce la qualità dei contratti offerti ai lavoratori. La ripresa dell’occupazione del 2021 nel Mezzogiorno, infatti, si è concentrata sulla crescita del lavoro precario che ha «spiazzato» le forme di impiego più stabile. Prima di passare in rassegna i servizi essenziali offerti ai cittadini, concentriamoci sul Pnrr, l’ultima occasione che ha il Mezzogiorno per allinearsi con il resto del Paese. E anche in questo caso, i dati che emergono sono assolutamente preoccupanti, basti pensare che i Comuni del Sud impiegano in media 450 giorni in più rispetto a quelle del Nord per portare a termine un’infrastruttura sociale e considerando i tempi strettissimi imposti dal Pnrr è un dato che evidenzia come il rischio di non spendere in tempo i fondi ora sia davvero concreto. Il Pnrr nasce per riequilibrare la distanza tra Nord e Sud, ma Il meccanismo “competitivo” di allocazione delle risorse agli enti territoriali responsabili degli interventi ha mostrato diverse criticità che pesano su quell’obiettivo primario di attenuare le differenze tra Nord e Sud. Se parliamo di uno dei pilastri della crescita di un bambino, l’istruzione, ci accorgeremo di quanta distanza ci sia tra i territori del nostro Paese. Nel Mezzogiorno circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. In Campania se ne contano 200 mila (87%), in Sicilia 184mila (88%), in Puglia 100mila (65%), in Calabria 60mila (80%). Nel Centro-Nord gli studenti senza mensa sono 700mila, il 46% del totale. Stesso discorso se parliamo delle scuole con palestre in dotazione: in Campania 170mila allievi sono senza, vale a dire il 73% del totale. Il risultato? Per effetto delle carenze infrastrutturali, solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al Tempo Pieno a Scuola, rispetto al 48% del Centro-Nord. Tutto questo si riduce in giovani meno colti e formati che si trasformeranno in potenziali persone che occuperanno le fasce più deboli e povere della società. «Abbiamo sempre pensato, ben prima del reddito di cittadinanza, che un intervento sulla povertà fosse di fondamentale urgenza per colmare il divario sociale – ha spiegato Adriano Giannola, presidente Svimez- In molte parti d’Italia e non solo al Sud, la povertà è un tema drammatico. Al Mezzogiorno il problema è particolarmente sentito per via di una struttura del sistema che si è ormai ossificata in maniera insostenibile. Perché l’Ue ci dà 209 miliardi di euro? Perché l’Italia è il grande malato d’Europa, a Nord come a Sud».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.