Domande e offerte devono venirsi incontro
Lavoro, quelle offerte che si possono rifiutare
Il problema di fondo, quando si parla di occupazione, è sempre lo stesso da molti anni a questa parte: siamo sicuri che gli attuali percorsi formativi (e la capacità competitiva del soggetto, che prova ad entrare nel mercato del lavoro) riescano a proporre un quadro di risposte professionali adeguate? Ovvero che il nodo da sciogliere possa essere identificato “solo” nelle competenze richieste (che mancano)? In altre parole: è l’offerta ad essere troppo “complicata”, a penalizzare una fascia molto, molto ampia di chi cerca lavoro?
La questione è più complessa, perché continua ad escludere da ogni valutazione approfondita la variabile “convenienza” per il soggetto che vuole accedere al posto di lavoro. Va bene la rilevanza “strategica” delle prospettive di carriera e di eventuale miglioramento della retribuzione economica, va bene l’esatta “regolazione” della formula temporale (tempo pieno, tempo determinato, a contratto, a termine eccetera eccetera), ma manca sempre, in misura crescente, la maggiore rilevanza del “vantaggio pratico” per chi sceglie di entrare a fare parte della forza/lavoro. Continua, quindi, a “sfuggire” la scelta di dimettersi per ragioni strettamente personali: nuove opzioni di vita perché si persevera nel non percepire una variabile – costante nel tempo – che è quella di non intraprendere la strada di affrontare percorsi non solo di specializzazione, ma anche di formazione di base.
Prevale un altro criterio che merita di essere tenuto in considerazione, la “convenienza”. Ecco perché, per esempio, sul reddito di cittadinanza occorre una valutazione più complessiva che tenga conto anche – anche – in determinati casi specifici (con responsabilità sociale) di questo tipo di approccio. La “convenienza” nel porre la domanda di lavoro significa, quindi, esprimere una valutazione che non può relegare indietro il requisito fondamentale nei nostri anni difficili: la disponibilità a qualificarsi e riqualificarsi, per affrontare meglio non un “approdo” definitivo – il lavoro, il posto fisso – ma l’inizio di un percorso che riserva sorprese, ma anche traguardi agguantabili, migliorando retribuzione e competenze.
Un dato per comprendere bene come è articolato attualmente lo scenario che ci troviamo di fronte. “Si conferma elevato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: sono difficili da reperire il 38,3% dei lavoratori ricercati, difficoltà riconducibile prevalentemente alla mancanza di candidati”, (Bollettino Sistema informativo Excelsior, Unioncamere-Anpa, previsioni occupazionali di maggio 2022). Questo problema di fondo si rileva anche per lavori con minori competenze – sebbene con più rischi – che non affrontano in questo momento (vedi alla voce edilizia, per esempio) richieste elevate. Come rispondere? Creando e non imponendo la domanda di lavoro negli anni “formanti” e diversificando le opzioni di base: più scuole ad indirizzo specialistico (di durata triennale) e più risposte economicamente interessanti, fin dall’inizio, alla domanda di lavoro.
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