Non possiamo più assistere inermi al tragico bollettino di violenze e suicidi
Le carceri italiane sono al collasso, la soluzione è il numero chiuso come in Gran Bretagna: “Così lo Stato usa davvero tutto l’arsenale delle pene non detentive”
Il sovraffollamento dei penitenziari in Italia è in media del 130%, un numero che potrebbe essere abbattuto seguendo il modello di rieducazione britannico
«Frate Beppe, se non aggiustate la scuola, la camorra vincerà sempre. Perché la camorra ha paura della scuola. Perché vive di silenzio, mentre a scuola si imparano le parole». Non è un politico a parlare, né un sociologo. È un detenuto del carcere di Alessandria, rivolgendosi al frate Beppe Giunti. Una frase semplice, ma potentissima, che fa emergere la visione distopica di istituti penitenziari privi della funzione rieducativa, ridotti a contenitori disumani che moltiplicano povertà, violenza e illegalità. Sul sovraffollamento — in media al 130% — e sull’abbandono sanitario e psicologico si è scritto molto. Ma questa realtà, ormai talmente consolidata, non suscita più stupore, solo un triste e rassegnato oblio.
Di fronte a questo disastro, che non fa più notizia, c’è chi rilancia una proposta concreta: il numero chiuso in carcere, sul modello britannico. A riproporlo in Italia è il movimento Europa Radicale, con una veglia notturna organizzata di fronte al carcere torinese “Lorusso e Cutugno”.
«Nel Regno Unito — spiega Igor Boni, coordinatore di Europa Radicale — se la capienza di una struttura è di 100 posti, non è consentito superarla. Se arriva il 101esimo detenuto, è obbligatorio liberare un posto tramite misure alternative: arresti domiciliari, affidamento ai servizi sociali, comunità. Questo costringe lo Stato a usare davvero tutto l’arsenale delle pene non detentive, già previste dalla legge ma raramente applicate.» A Milano e Foggia il sovraffollamento raggiunge il 200%. Il sistema è al collasso.
Il carcere, così com’è oggi, non funziona: non rieduca, non protegge, non previene. In gran parte degli istituti penali le condizioni strutturali sono disumane: ambienti degradati, muffa, infiltrazioni d’acqua, scarsa aerazione, docce fatiscenti. Tutto ciò ha impatti gravi sulla salute fisica e mentale dei detenuti. È utile ricordare che è ferma in Parlamento la proposta di legge Giachetti-Bernardini sulla liberazione anticipata, che permetterebbe a migliaia di detenuti di uscire dal carcere. Tra richieste di amnistia e indulto, e provvedimenti straordinari per riportare lo Stato nella legalità, in mezzo a una diffusa confusione, resta una sola certezza: servono decisioni politiche chiare e coraggiose. Il modello del numero chiuso potrebbe essere una di queste. Di certo, non possiamo più assistere inermi al tragico bollettino quotidiano di suicidi e violenze.
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