L'editoriale
Lo scandalo “surreale” di Fratelli d’Italia in Sicilia. Tra politici e imprenditori: che fine hanno fatto gli intellettuali della destra?
Essere o non essere, da Parmenide a Shakespeare, parafrasando Kundera, l’affair cultura sta incartando la prima forza politica del paese, con la minuscola. Non c’è fata senza Strega, film commision o shoot fotografici, libri e festival, mostre di Tolkien o fumetti manga, in cui i Fratelli di Giorgia non siano presenti e imponenti. Che in punta di politica o diritto non è assolutamente un male. Perché se ci si fosse concentrati, avendo mezzi e strutture di pensiero, su di un’onesta analisi di riequilibrio della Storia, ammettendo colpe ineludibili, ma chiedendo una scientifica e letteraria analisi in contro lettura rispetto a quella dei vincitori, questo avrebbe dato un contrappeso alla narrazione a senso unico, al netto di pochi intellettuali, Calvino e Pasolini su tutti, che la cultura italiana ha svolto finora. Qua al comando delle operazioni culturali non abbiamo Croce o Gentile ma Sangiuliano, Giuli e vari giulivi assessori ai rami turistici e culturali, fucine di immaginifici eventi celebranti il nuovo che avanza. Eppure la destra sarebbe piena di intellettuali degni di nota spesso ostracizzati in passato, e paradossalmente anche ora, vedi Marcello Veneziani o altri.
L’affair siciliano
L’affair siciliano, uno degli esperimenti in laboratorio del teatrino culturale odierno, sembra esplicativo di quello che sta accadendo nel bailamme di eventi, manifestazioni, concerti, mostre e dintorni. Per assurdo la maggior parte dei questuanti del circuito degli operatori culturali non ha certamente la tessera di fratellanza, ma bisogna pur campare, e quindi si accalcano a telefonare ai “potenti”, ai loro intermediari, cerimonieri, addetti al traffico. Cosa tutto questo abbia a che fare con la cultura è ovviamente poco chiaro, c’è del marcio non solo in Danimarca. Tutto sembra una terra di mezzo, senza nemmeno l’occhio di Sauron che fuoriesce dell’inchiesta che ha travolto l’assemblea regionale siciliana.
Il giro del sistema
Dalle intercettazioni emerge che, a causa della disclosure derivante dall’interrogatorio richiesto dal presidente dell’Assemblea siciliana, il mondo culturale non è fatto dagli Sciascia e nemmeno dai simpatici Ficarra e Picone – nuovi aedi di Pirandello – ma da un vorticoso giro di soldini e paillettes, cene e vernissage, che dalla grande bellezza di Sorrentino traggono solo il lato grottesco, tra miserrime utilità e fumosi bacini elettorali. Ovviamente è ragionevole supporre che il sistema girava in questa maniera anche prima del regno della regina Meloni, che ovviamente non c’entra niente e ritengo molto irritata dalla feroce insipienza di molti dei suoi. Attrezzare in fretta una classe dirigente, che sia anche diligente nel gestire proditoriamente fondi pubblici senza combinare guai, non è semplice.
Lo scandalo “surreale”
Lo scandalo definito “surreale” dagli stessi onorevoli siciliani, intercettati e guardati dal buco della serratura come nel film La Chiave di Tinto Brass, acquisisce questa connotazione, resa plastica e scenografica nello svolgimento del dibattito inscenato nella mitologica sala d’Ercole dell’Assemblea regionale. È teatralmente surreale perché apre uno scenario di chiamate di correo, di accuse condite da sensi di colpa, di anonime e vergognose concertazioni nella spartizione di fondi pubblici, che unisce insieme maggioranze e opposizioni. Questo dibattito in effetti meriterebbe una vera pièce teatrale, degna di Jonesco o Beckett. Potrebbe scriverla l’ex presidente della Commissione antimafia e anticorruzione, il drammaturgo Claudio Fava, allestendo un’opera magari un po’ comica per sollevare gli spiriti affaticati e assetati dei siculi conterranei, come faceva Aristofane in tempi più civili. Potrebbe, in un anelito di convivenza – e non connivenza – civile, coinvolgere un altro esponente siciliano della cultura di destra, come il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco, autore tra l’altro di “Fimmine”, visto l’alto numero di donne coinvolte nell’affaire. Ma forse più che il grande drammaturgo greco dovremmo rivolgerci ad Alexandre Dumas padre nel cherchez la femme. Vi chiederete perché rivolgerci ai francesi visto il proscenio simil arabo. Presto detto, l’origine dell’inchiesta parte dallo scandalo Cannes, per cui la douce France, peraltro terra dei Normanni, ha un ruolo.
Una piccola annotazione, nei giorni prossimi alla rivelazione dello scandalo la “Regione Normandia”, con il suo presidente atterrato a Palermo per una tavola rotonda, all’interno delle celebrazioni culturali dell’anno europeo dei Normanni, vista la nascita nel 1028 di Guglielmo the Conqueror, voleva incontrare il vertice di Palazzo dei Normanni ritenendo che ci fosse un afflato comune, ma ovviamente non ricevette udienza. Evidentemente celebrare i Normanni di Guglielmo e Federico II venne culturalmente ritenuto di scarso appeal. Vuoi mettere con Gigi d’Alessio o Tanai?
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