Magistratura e Pa, quando le indagini sono solo un freno

Dalla paura della firma a quella del saluto. Le dichiarazioni del governatore della Campania Vincenzo De Luca riportano l’attenzione su uno dei temi più dibattuti sia sul piano giudiziario che politico. Siamo nella sfera dei reati contro la pubblica amministrazione. Sotto i riflettori l’abuso d’ufficio. È di pochi giorni fa l’iniziativa dell’Associazione nazionale dei comuni italiani volta a sollecitare il legislatore a un intervento per eliminare il reato di abuso in atti d’ufficio visto come una ipoteca paralizzante sulla quotidiana attività dei sindaci. Il punto, come sottolineato da Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere penali italiani, proprio dalle colonne di questo giornale, è che il reato non si limita a generare distorsioni sulla sola attività dei primi cittadini italiani ma abbraccia un campo molto più ampio che riguarda tutti gli amministratori pubblici. «Il reato di abuso in atti di ufficio è da sempre la norma che il legislatore ha consegnato, insieme ad altre, agli uffici di Procura per esercitare un indebito controllo general preventivo sull’attività della pubblica amministrazione e dunque sulla politica».

Gli effetti sono tutt’altro che trascurabili. Si parla da tempo della paura della firma che assale i funzionari pubblici. E persino un governatore battagliero come Vincenzo De Luca mostra di essere condizionato dall’esistenza dell’inchiesta che sta scavando nel presunto cerchio magico e sugli affidamenti alle coop sociali dei servizi pubblici nella città di Salerno. Non sono passate inosservate le dichiarazioni che De Luca (di recente raggiunto da un avviso per un’ipotesi di concorso in corruzione) ha rilasciato a margine della presentazione dell’associazione Est(ra)Moenia, sarcastico sul suo coinvolgimento nell’inchiesta della Procura di Salerno sui rapporti tra amministrazione comunale salernitana e cooperative sociali. «Rappresentanti del terzo settore mi hanno chiesto un’interlocuzione, un aiuto. Io sarò molto prudente: vi voglio bene, ma quando vedo le cooperative sociali voi mi promettete un altro avviso di garanzia». E poi, rivolgendosi dal palco a rappresentanti di cooperative napoletane, ha aggiunto: «Se ci incontriamo per strada non ci salutiamo, salutiamoci alla lontana. Magari tu cerchi di dare una mano alla cooperativa sociale, al terzo settore, perché se fai una gara a mercato libero non ne vincerai neanche una, no? Faranno un’offerta prezzi che per voi è insostenibile. Però siamo in Italia e dobbiamo fare finta, ancora una volta».

Dalla paura della firma a quella del saluto, quindi. Distorsioni che al di là dell’ironia a cui De Luca ci ha abituati sono lo spunto per una riflessione seria sul perimetro delle ingerenze della magistratura nella pubblica amministrazione, e quindi nella politica. I dati raccolti dall’Anci mostrano l’evidente divario tra l’elevato numero di contestazioni dell’abuso di ufficio e i provvedimenti definitivi di condanna: i dati risalgono al 2017 ma sono indicati come ancora attuali nel documento-appello presentato dall’Anci in questi giorni e sottoscritto anche da 300 sindaci campani. A fronte di circa 7mila procedimenti avviati per abuso di ufficio si sono registrate meno di 100 sentenze di condanna definitive. «Occorre una migliore disciplina dell’avvio dell’azione penale e della qualificazione della notizia di reato, distinguendo nettamente l’ipotesi della semplice irregolarità amministrativa da quella di reato», ecco la richiesta che i sindaci hanno fatto al legislatore sollecitando una revisione del Testo unico degli enti locali.

Ancora un po’ di numeri, inoltre: il 20% dei fascicoli si estingue davanti al giudice dell’udienza preliminare, il 18% finisce in dibattimento portando alla sentenza solo nel 2% dei casi. E infine l’analisi degli effetti di un reato, l’abuso d’ufficio, complesso e indeterminato e per questo, secondo giuristi ed esperti, da rivedere: la paura della firma genera nei funzionari pubblici il timore di prendere decisioni, quindi una fuga dall’assunzione di responsabilità a cui si accompagna il moltiplicarsi di adempimenti burocratici superflui, finalizzati forse solo a mettersi al riparo da un’indagine penale. Un groviglio che diventa ostacolo.