Manovra flop, la propaganda sulle pensioni e la legge Fornero trattata come quelle bambole di pezza dei riti voodoo

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA

Sovranisti? Forse, ma populisti no, grazie. Gli elettori, almeno quei pochi che vanno ancora alle urne, hanno bocciato – alle regionali fin qui celebrate – le ali populiste di entrambi gli schieramenti. Emorragia di voti per il M5S, calo significativo della Lega a propulsione Vannacci. Destino simile per gli stessi partiti che nella scorsa legislatura governarono insieme in un non indimenticabile esecutivo che lanciò nell’empireo della politica italiana Giuseppe Conte, ancoratosi poi alla sinistra del Pd. Eppure, nonostante lo “sgradimento” elettorale dei partiti populisti, la Legge di Bilancio 2026 sembra voler tenere in conto qualche richiesta di chi, nel governo, rappresenta questa componente, orientata a vellicare la pancia di un Paese che sembra essere di fatto poco ascoltato. Non è tanto l’entità della manovra – passata da 16 a 18 miliardi in meno di una settimana – a destare incertezze, ma gli obiettivi dichiarati inducono a vedere un percorso tortuoso e “populista”.

Partiamo dalle pensioni? L’idea – siamo ancora alle dichiarazioni, da qui al 31 dicembre ne sentiremo altre, prima di vedere il testo finale – è quella di una sterilizzazione dell’aumento di tre mesi nella definizione dell’età legale di pensione (quella di vecchiaia dovrebbe andare a 67 e tre mesi, in forza dell’aumento dell’aspettativa di vita). Complessità a parte nella comprensione e nella gestione del provvedimento, che certamente non aiuta la trasparenza degli atti legislativi, si continua a insistere contro la legge Fornero, peraltro senza smontarla (per fortuna), ma prendendola un po’ come quelle bambole di pezza dei riti voodoo, dove si infilano spilloni per far male a chi questi fantocci dovrebbero rappresentare. La Lega è convinta che questo rituale le farà avere più voti? Forse, ma nei fatti a oggi non è stato così. Urne alla mano.

Non solo: sempre il populismo leghista si rivolge contro banche e assicurazioni, per drenare qualche miliardo utile all’obiettivo previdenziale. E Giorgia Meloni, per tenere la maggioranza “coesa”, come si dice, deve fare l’equilibrista, sostenendo che il “contributo” che sarà chiesto alle banche (e alle assicurazioni?) non sarà una tassa sugli extraprofitti. E quindi? Staremo a vedere, con una curiosità simile a quella che ci fa chiedere che cosa voglia dire continuare a parlare di “extraprofitti”. C’è una soglia definita dalla legge circa i profitti di impresa? Tanto vale parlare di “pizzicotti”, come ebbe a dire Giancarlo Giorgetti qualche settimana fa. Ma molto peso sarà riversato proprio sulle spalle del titolare del Mef, che ha la ventura di essere (ancora) un leghista, ma anche la responsabilità di non cedere troppo alle derive populiste. Sarà proprio Giorgetti al Mef a dover fare da dosatore tra richieste e risorse, forte anche del suo successo sul fronte del rapporto deficit/Pil.

Resta il fatto che sembra sempre, ancora, una questione tutta interna ai palazzi. La manovra sarà certamente sottoposta alle parti sociali, ma anche in questo caso somiglierà più a un rituale che a un confronto, o un ascolto, che per natura dovrebbe avvenire “prima” di confezionare ricette. Ma il Palazzo sembra sempre più chiuso, sostanzialmente insensibile a quello di cui poi dice di lamentarsi: la continua crescita del partito del non-voto sembra certificare che il Paese non crede alla mediazione delle istituzioni e alla loro capacità di rappresentarlo. Non è una buona cosa per una democrazia.

Dall’altra parte, cioè sul fronte delle opposizioni, fin qui impegnate a seguire o alimentare le piazze della protesta internazionale in kefiah (continuate violentemente e paradossalmente a Milano e a Udine, anche dopo la firma degli accordi tra Israele e Hamas), i populisti hanno provato a offrire un reddito di cittadinanza regionale, ma anche in quel caso gli elettori hanno risposto di “no” a chi lo proponeva. Cercasi politica responsabile e trasparente: forse così gli italiani torneranno a votare. La Legge di Bilancio potrebbe essere una buona occasione, ma se il buongiorno si vede dal mattino, temiamo che sarà un’altra opportunità persa.