L'esempio di giochi e scommesse
Manovra, i buoni propositi del governo Meloni e la doccia fredda della realtà: quelle entrate solo teoriche per coprire i blitz
Dopo le feste mi metto a stecchetto e vado in palestra tre volte a settimana. Di buoni propositi come questo sono inframmezzate le pantagrueliche giornate degli italiani alle prese con il Natale. E di buoni propositi è lastricata la via ormai definita della terza legge di bilancio del governo Meloni. La caratteristica dei buoni propositi, però, è sovente quella di poggiare su due momenti: il primo è quello dell’adrenalina dell’annunciata determinazione e della fede cieca nella capacità di realizzare il proposito; il secondo è la doccia fredda dell’impatto con la realtà.
Le entrate teoriche su cui punta esecutivo
Nelle finanziarie italiane, come negli atti performativi di Austen, ci sono frasi che producono effetti concreti: se dire “battezzo questa nave” ne produce il battesimo, il buon proposito recante l’enunciato “recupereremo tot milioni da questa misura” ne produce l’iscrizione a bilancio tra le entrate e quindi tra le coperture finanziare, a prescindere dalla più che probabile inapplicabilità. Ma tanto quella si scoprirà più avanti. Anche stavolta l’esecutivo (si badi bene: al pari dei precedenti e anche dei prossimi) si barcamena con una manovra fatta di entrate più teoriche che pratiche e talvolta finalizzate a creare una coperta sufficiente a far approvare blitz ed emendamenti notturni, come in ogni legislatura dalla notte dei tempi.
Giochi e scommesse, le concessioni costose
Prendiamo il caso di giochi e scommesse. A pochi giorni dalla pubblicazione di un bando per l’assegnazione di nuove licenze che farà dell’Italia uno dei paesi con le concessioni più costose d’Europa – e parliamo di concessioni novennali da 7 milioni di euro, quando le precedenti furono affidate per 250mila euro – il governo ritocca al rialzo le tasse che gravano sugli operatori del gioco. Un incremento di 0,5 punti, con il buon proposito di incassare 30 milioni da dedicare allo sport. Una fetta di panettone in più adesso, tanto da gennaio c’è la palestra. Se funzionasse sarebbe pure interessante, ma sin da subito qui abbiamo messo in guardia dai buoni propositi. Nella fattispecie si potrebbe dire che chi non fosse d’accordo con la nuova aliquota potrebbe serenamente non partecipare al bando per comprare o rinnovare la propria concessione, ma sarebbe comunque soggetto alla nuova tassazione fintanto che l’attuale concessione resta attiva. L’impatto con la realtà di questo buon proposito erariale, tuttavia, sarà assai diverso: come reclamato dall’associazione di categoria Logico, infatti, l’aumento è contrario alla legge di riordino del gioco voluta proprio dal governo Meloni e finirà demolito dal Tar come l’impegno al tapis roulant di quelli che sgarrano a Natale.
Tra diritti e doveri
Riequilibrando diritti e doveri dello Stato e dei concessionari – solo pochi mesi fa – l’esecutivo omaggiava la civiltà giuridica del nostro paese, sancendo che “il canone richiesto dallo Stato e il regime di tassazione (…) non sono modificabili per il periodo di vigenza ed efficacia della concessione”. Un principio sacrosanto cui ovviamente si appelleranno gli operatori attuali. Si sarebbe potuta rimandare la norma applicandola alle sole nuove concessioni (una sorta di “lo sai prima, valuta tu se ti conviene venire in Italia”) ma questo voleva dire rinunciare ad aggiungere una riga alla voce “entrate”, così da poterne avere una per la voce “uscite”. Attavolati a casa dei parenti o sugli scranni del Parlamento, non c’è raziocinio che tenga davanti alle leccornie. Siamo italiani: è il periodo delle feste, è il periodo della manovra. Ma da gennaio…
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