Maradona è riuscito a dimostrare di non essere mai stato un evasore fiscale troppo tardi, solo tre mesi dopo la sua morte. La sezione tributaria della Corte di Cassazione gli ha dato ragione pochi giorni fa, mettendo fine a una storia giudiziaria iniziata nel 1989 dopo un accertamento fiscale nei confronti del Napoli e dei suoi tre giocatori di punta, Careca, Alemao e – appunto – il Pibe.
L’asso argentino era accusato dall’Agenzia delle entrate di aver evaso tasse per tre milioni di euro, a cui negli anni si erano aggiunti altri 36 milioni e mezzo fra interessi, spese e sanzioni. La società Napoli Calcio, Careca e Alemao li impugnarono subito, Maradona invece no. Nel 1994 la Commissione tributaria, in secondo grado, accolse l’appello della società e di Careca e Alemao, stabilendo che non ci fossero irregolarità fiscali. La società pagò un condono, che chiuse la partita anche per gli altri due calciatori, ad eccezione del campione argentino.
“Quel provvedimento andava esteso anche a Maradona”, dice l’avvocato del Pibe de Oro Angelo Pisani. “La cassazione ha messo fine a una storia trentennale – aggiunge – stabilendo che non è mai stato un evasore. Maradona continua a fare gol e fa vincere la verità, che noi abbiamo sempre conosciuto. Adesso dovrà essere risarcito per tutte le strumentalizzazioni che ha subito in questi anni”.
“Diego e io – prosegue l’avvocato – dedichiamo questa vittoria ai tanti contribuenti vessati e ai cittadini che col fisco hanno perso la macchina, la casa. Persone che hanno sofferto per ingiustizie e violazioni. A loro va il nostro pensiero e il nostro affetto, la dedica di questa vittoria”.
Pisani punta a una completa riabilitazione mediatica del suo assistito, e annuncia ricorsi: “La burocrazia risponderà dei danni che ha fatto, Maradona è stato strumentalizzato, usato solo perché aveva un nome altisonante. Siamo orgogliosi di aver tifato per la verità, continueremo a difendere le vittime innocenti di questo sistema”, conclude.
