Il 18 maggio di trentaquattro anni fa moriva Enzo Tortora, vittima di un errore giudiziario clamoroso quanto drammatico. «Speriamo che il mio sacrificio sia servito a questo Paese, e che la mia non sia un’illusione», disse Tortora pochi giorni prima della fine. È doloroso oggi celebrare questo anniversario con la consapevolezza che gli errori giudiziari continuano ad essere una realtà frequente, soprattutto da queste parti. Che Napoli è tra le città italiane con i più alti numeri di casi di ingiuste detenzione ed errori giudiziari. Che in Tribunale si contano oltre 50mila procedimenti arretrati. Che le carceri sono strapiene e per quasi la metà popolate da persone in attesa di giudizio, quindi da presunti innocenti. L’altro ieri i magistrati hanno scioperato contro la riforma dell’ordinamento giudiziario, non certo contro certi abusi e certe storture del sistema giustizia. Lo sciopero è stato un flop visto che meno della metà vi ha aderito.
«Le contrapposizioni tra poteri e ordini dello Stato vanno sempre a discapito del cittadino», commenta Clemente Mastella, politico di lungo corso, attuale sindaco di Benevento con un passato da ministro della Giustizia. Da Guardasigilli evitò lo sciopero dei magistrati contrari alla riforma dell’ordinamento giudiziario, da uomo politico è dovuto passare per la gogna mediatico-giudiziaria nata da inchieste e processi tutti conclusisi con sentenze di archiviazione e assoluzioni. «Sono un mezzo Tortora – dice ricordando l’inchiesta che lo costrinse a dimettersi da ministro della Giustizia e gli undici anni di attesa prima che arrivasse la sentenza d’assoluzione – Ora sono come quei filosofi senza fede che però non mettono in discussione Dio. Soltanto da questo punto di vista voglio ancora credere alla giustizia, altrimenti dovrei essere un miscredente nei confronti della giustizia per quello che è accaduto a me». «Sono un esempio clamoroso – aggiunge – della mancata applicazione dell’articolo 358 del codice di procedura penale, una norma che prevede che il pubblico ministero svolga accertamenti anche su fatti e circostanze anche a favore della persona sottoposta a indagini. Una norma che non viene mai applicata né ho visto atti di censura da parte del Csm per questa non praticabilità dello scopo che è garantito dall’articolo della norma. Quando fui accusato di concussione a Bassolino da parte di pm napoletani, Bassolino non fu mai chiamato dai pm per verificare se fosse stato concusso. Se avesse risposto ai pm che non lo era stato il processo contro di me sarebbe finito subito».
Invece durò anni. «Sono stato undici anni in balìa della giustizia. Ero ministro e non lo sono più. Chi mi ripaga? Chi paga? Purtroppo nessuno. Se un pubblico ministero sbaglia continua la carriera e non sorge alcun problema. Può anche accadere che un pm sbagli in buona fede, ma credo che ci siano diversi pm che purtroppo non sbagliano in buona fede. E questo è devastante». Mastella è uscito assolto sedici volte da vicende giudiziarie. «Ho avuto nella mia città (Benevento, ndr) un avviso di garanzia che è durato sei anni, ero diventato sindaco da poco e ritennero che la mancata depurazione delle acque fosse colpa mia. Assurdo». Quanto populismo giudiziario nella storie dei tanti errori giudiziari. Quante cose da cambiare per rendere la giustizia più giusta. «Mi auguro – commenta Mastella tornando alle dinamiche più attuali che vedono politica e magistratura arroccate sulle loro posizioni rispetto ai temi della riforma della giustizia – che si arrivi a una mediazione e che prevalgano quelli che hanno buon senso sul piano giuridico e umano. C’è bisogno di recuperare un umanismo giudiziario che non significa difendere ladri e disonesti ma evitare che così tanti innocenti finiscano nel tritacarne giudiziario».
Tutti parlano di riformare la giustizia ma nessuno attua il vero cambiamento, perché? «Negli ultimi la politica è stata sempre più debole – risponde Mastella – e la magistratura è stata mitizzata fino ad arrivare alla crisi attuale. Oggi c’è un’insofferenza dell’opinione pubblica rispetto ai magistrati, i quali raccolgono tra i cittadini lo stesso livello di considerazione, non alto, che hanno i politici». A proposito dello sciopero di lunedì, l’ex ministro della Giustizia spiega che si aspettava un flop: «Me lo auguravo così come prevedo il mancato successo del sì al referendum del 12 giugno perché, conoscendo la politica da tanti anni, so che una sola giornata per i referendum non basta». Quindi? «Penso sia necessario evitare tutto questo accanimento verso questa riforma che è acqua fresca, non si la rivoluzione con qualcosa di debole. E penso sia il caso, dopo il 12 giugno, di chiamare le forze politiche più responsabili, chiamare i magistrati e discutere serenamente, consapevoli che nella disputa da guerra punica chi finisce per stare in soggezione rispetto alle norme attuali sono le persone perbene e questo va evitato».
