Un’aula che si apre, invece di una porta che si chiude. È questa la nuova immagine dell’Università italiana, ed è anche il senso profondo della riforma che, dal prossimo anno accademico, segna un cambio di paradigma nella formazione medica. A sancirlo è una lettera dal tono accorato ma deciso che la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha rivolto ai quasi 65mila giovani che hanno scelto di iscriversi al semestre aperto, il nuovo corso introdotto con la riforma del 2025-2026. Di questi, oltre 54mila hanno indicato Medicina e chirurgia, 4.473 Odontoiatria, 6.039 Medicina veterinaria.
«Studiare Medicina non è solo una scelta di carriera. È una scelta di responsabilità, di empatia, di coraggio», ha scritto Bernini, aprendo un messaggio che ha i tratti di una chiamata. Non solo accademica, ma civile e morale. Il cuore della riforma è l’abolizione del test d’ingresso a numero chiuso, sostituito da un semestre libero con iscrizione contemporanea a un corso affine. Un passaggio, spiegano dal Ministero, non solo normativo ma culturale: «Si passa dalla selezione alla formazione – ha scritto ancora Bernini – Da un quiz a crocette al coraggio di investire davvero sul talento».
Il semestre prenderà avvio il 1° settembre 2025, con tre insegnamenti fondamentali: Chimica e propedeutica biochimica, Fisica e Biologia, ciascuno da 6 CFU. Alla fine del percorso, due sessioni di esame – 20 novembre e 10 dicembre – decreteranno l’accesso al secondo semestre: domande a risposta multipla e quesiti a completamento, 45 minuti per ogni materia, 31 quesiti per disciplina. La soglia minima per continuare sarà 18/30 in ogni singola prova, con valutazioni uniformi a livello nazionale. Chi non supererà la soglia potrà comunque proseguire il percorso nel corso affine prescelto, mantenendo i crediti acquisiti. «Non un fallimento, ma una strada diversa. Non uno sbarramento, ma un bivio», spiegano fonti vicine al Ministero.
La lettera della ministra non si limita però a descrivere la meccanica della riforma. È un testo che racconta un’idea di Università: «Una palestra di crescita, non un muro da scavalcare». Le sue parole sono indirizzate a una generazione che troppo spesso ha vissuto l’accesso all’istruzione come un percorso a ostacoli: «Siete in tanti. Ma in un Paese che ha uno dei tassi di laureati più bassi d’Europa, questo non è un problema. È un segnale di coraggio». Per accogliere questa ondata di studenti, il Ministero ha stanziato risorse importanti: 50 milioni di euro per l’edilizia universitaria, il doppio rispetto al 2024, e ha portato il Fondo di finanziamento per il sistema universitario a 9,4 miliardi, «il livello più alto mai raggiunto», ha sottolineato Bernini. Non mancano gli ostacoli. Le criticità logistiche, l’organizzazione degli appelli unificati, la necessità di armonizzare i percorsi formativi tra corsi affini e non, restano temi aperti. Ma il messaggio che arriva da Roma è chiaro: «Se servirà un’aula in più, si aprirà. Se ci sarà bisogno di un corso in più al pomeriggio, si attiverà».
La riforma del semestre aperto è, a tutti gli effetti, un esperimento nazionale. Una scommessa sull’intelligenza e sulla motivazione degli studenti, ma anche sulla capacità delle istituzioni accademiche di trasformarsi. «Il vostro talento è in viaggio – ha aggiunto in chiusura Bernini – E questo viaggio è appena cominciato». E forse, dopo anni di barriere, sbarramenti e quiz, è proprio questo il passaggio più importante: restituire allo studio il suo senso originario. Quello di un viaggio, appunto. Un viaggio che si fa insieme.
