Il governo Meloni compie oggi tre anni tondi: è il terzo per longevità nella vita della Repubblica. Un risultato non da poco, in un Paese abituato per decenni a governi precari e instabili (addirittura balneari, li chiamavamo una volta). Giorgia Meloni è arrivata a Palazzo Chigi dopo un percorso lungo e ostinato, costruito passo dopo passo: guidava un partitino che alla nascita, nel 2014, valeva il 3 per cento, oggi veleggia verso quota 30. Lei stessa si definiva come un underdog, ed era oggettivamente poco accreditata e senza quarti di nobiltà, anzi appesantita da un doppio handicap: la scarsa credibilità come leader di governo, e la pesante diffidenza per le sue origini “fasciste”, che rimbalzava con malizia dalle piazze italiane alle cancellerie straniere.
La politica estera rassicurante
Eppure, con pragmatismo e nervi saldi, Meloni ha ribaltato tutto. Ha trovato il suo spazio in Europa, approfittando della Francia sfiancata dal macronismo e della fine del breve ciclo socialdemocratico in Germania, puntellando – ma solo il giusto – la debole Commissione europea di Ursula von der Leyen. E poi si è giovata del ritorno di Trump, che ha cambiato il baricentro dell’Occidente. In questo scenario fluido, la premier italiana è riuscita a presentarsi come figura stabile, rassicurante, “normale”. Non ideologica, ma realista. Tanto che ieri Sabino Cassese avrà fatto sobbalzare sulla sedia molti schizzinosi, paragonandola a Palmiro Togliatti, il comunista che sapeva tenere insieme la crudezza dei principi e la spregiudicata flessibilità della tattica.
Ma il Paese vivacchia
Sul piano interno il bilancio della Meloni non è altrettanto brillante quanto quello internazionale. Il governo gestisce bene i conti, anche grazie a un ministro dell’Economia attento e prudente – e comunque beneficiando dei fondi del PNRR e di un ciclo economico non ostile. Ha fatto (vivaddio!) una mezza riforma della giustizia; forse interverrà, alla fine della legislatura, sulla legge elettorale. Ma sulle questioni di fondo (fisco, formazione, innovazione, pubblica amministrazione) l’esecutivo si limita al piccolo cabotaggio. E il Paese continua a vivacchiare, senza spiccare il volo.
L’opposizione sguaiata
Eppure, a fare la fortuna di Giorgia ci si mette anche – diciamo la verità – un’opposizione debole, nervosa, priva di visione, nella quale prevale una sinistra che urla invece di proporre, e cade nelle sue continue, furbesche provocazioni, invece di incalzarla con proposte serie e credibili. Così è facile per lei, animale comunicativo come pochi, apparire come la più calma, la più solida, la più “di governo”, di fronte alle sguaiataggini di chi le si oppone. Di questo passo – salvo incidenti di percorso non prevedibili e neppure auspicabili – Giorgia Meloni entrerà nella storia repubblicana come il primo presidente del Consiglio in grado di portare a termine una legislatura intera. Cosa non riuscita neppure a Alcide De Gasperi, a proposito di paragoni ingombranti (da non usare mai, per tenere bene i piedi a terra).
