Ambrogio
Milano, dove sono finiti i riformisti?
Milano esce da mesi difficili che ne hanno scosso le fondamenta, mettendo in discussione non solo le pratiche amministrative ma il modello stesso di sviluppo che l’ha resa capitale economica del Paese. Le inchieste sull’edilizia hanno suscitato la narrazione di un sistema opaco. I costi insostenibili per giovani e famiglie del ceto medio raccontano di una città che rischia di tradire la sua vocazione inclusiva. Le periferie scivolano sempre più ai margini del progetto metropolitano. E mentre si discute del futuro di San Siro, simbolo di una città che cambia, emerge con forza una domanda: dove sono finiti i riformisti?
Milano è stata storicamente il laboratorio del riformismo italiano. Qui il cattolicesimo democratico ha dialogato con il socialismo liberale, qui il pragmatismo ambrosiano ha sempre prevalso sulle barricate ideologiche. Eppure oggi, proprio quando servirebbe una visione coraggiosa ma equilibrata, la voce riformista appare flebile, si esprime con una prudenza politica che sa di timidezza. La polarizzazione su temi nazionali e internazionali ha contagiato anche il dibattito cittadino, trasformando ogni questione in una battaglia di campo. Ma Milano non è mai stata questo. Milano è sintesi, è mediazione alta, è capacità di tenere insieme sviluppo e coesione sociale, innovazione e tradizione, mercato e diritti.
Per questo dalla nostra pagina lanciamo un appello: è tempo che le anime riformiste della città – liberali e socialdemocratiche, cattoliche e laiche – tornino a parlarsi e a parlare. Non per nostalgia del passato, ma per ridare a Milano quella prospettiva di futuro che solo il riformismo sa costruire: concreta, inclusiva, ambiziosa senza essere velleitaria. La città lo merita. E lo esige.
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