Mobilità digitale, la nuova frontiera del potere

La transizione della mobilità non è più solo un fatto tecnico, ma una questione critica, che ridefinisce il rapporto tra economie, dati e libertà. Nel suo libro Mobilità Digitale, Fabio Pressi individua la nuova frontiera del potere nel modo in cui si muovono – e sono gestiti – i dati, considerati il nuovo petrolio. Il veicolo, spiega, è ormai un’infrastruttura strategica: produce informazioni, si connette, comunica. Chi controlla questi flussi governa la direzione stessa del movimento, e in qualche modo lo influenza. Su questo nodo si è concentrato il dibattito promosso dalla Fondazione Ottimisti&Razionali e da Il Riformista, tra chi era da Civita e chi collegato online, e ha seguito gli interventi di Milena Rizzi, Romano Borchiellini, Monica Fabris, Salvatore Deidda, Riccardo Corbucci e Serafino Sorrenti, moderati da Claudio Velardi.

Ha aperto i lavori Milena Rizzi, dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, sottolineando come la regolazione non limiti l’innovazione, ma la renda possibile. La direttiva NIS2 è una “cintura di sicurezza” per un ecosistema dove fiducia e sicurezza sono premesse della crescita digitale. A seguire, Salvatore Deidda, presidente della Commissione Trasporti della Camera, ha evidenziato la necessità di un’educazione digitale diffusa e di una maggiore consapevolezza dei rischi legati ai dati. Più tecnologia non significa necessariamente più semplicità: senza formazione adeguata può diventare complessità. Dal punto di vista accademico, Romano Borchiellini del Politecnico di Torino ha richiamato l’attenzione sui tempi disallineati tra infrastrutture materiali e digitali, in transizioni che vengono definite gemelle.

La sfida è introdurre elasticità nel modo in cui progettiamo reti e sistemi, perché il digitale evolve più in fretta di quanto la politica riesca a regolamentare, e l’industria a costruire. Roma sta costruendo una rete 5G pubblica e data center locali per garantire che i dati restino sotto controllo pubblico, riducendo disuguaglianze e abilitando una mobilità più accessibile. Ne ha parlato Riccardo Corbucci, presidente della Commissione Roma Capitale, ponendo l’accento sul ruolo delle città come motore di sovranità. Mentre sul fronte delle infrastrutture digitali Serafino Sorrenti ha collegato la mobilità ai temi del cloud sovrano e della prossima rivoluzione della quantum communication: la sicurezza del dato e la localizzazione delle informazioni siano oggi il vero pilastro della resilienza europea, con alcune leadership italiane. Monica Fabris ha infine richiamato la dimensione sociale: il passaggio dal possesso all’uso dei mezzi, e la crescente mediazione algoritmica cambiano non solo come ci muoviamo, ma come ci percepiamo. Ogni semplificazione porta con sé una rinuncia di autonomia.

Uno dei meriti del libro di Pressi – e del dialogo che ne è nato – è stato quello di riportare la mobilità al suo significato politico: la capacità di muoversi, e quindi di scegliere. E pone una domanda finale che resta aperta ma è fondamentale: stiamo ancora guidando o siamo già guidati?
La risposta non spetta alla tecnologia, ma alla capacità collettiva di costruire regole, infrastrutture e competenze che rendano la mobilità digitale una forma di sovranità condivisa, non di dipendenza. Come sempre, con l’uomo al centro.