No alla guerra generazionale, sì alle pensioni di garanzia

La ripresa del Paese passa attraverso azioni concrete che il premier Draghi sta mettendo in campo affinché l’Italia possa guardare al futuro con una solida prospettiva. Anche per questo ci sembra decisamente positiva la manovra varata dal Governo che inietta fiducia nel Paese dilaniato dal fardello della pandemia. I socialisti faranno la loro parte al fianco di questo esecutivo guardando, con la propria autonomia, a tutte le misure che saranno varate, intervenendo lì dove è possibile offrire contributi di idee per migliorarne l’azione.

Per questo motivo, riteniamo che sia da perseguire la strada del dialogo e non quella della rottura. Agitare strumentalmente lo spettro della piazza per opporsi alle scelte creerebbe solo tensioni sociali già acuite dalla pandemia. Che ha pesato sulle fasce più deboli in maniera quasi irreversibile divaricando ancor di più la frattura tra fasce sociali diverse. Ma le piazze, come abbiamo visto in questi giorni, possono essere facile strumento di chi mina alla democrazia del Paese e il ruolo della politica, in queste ore, dovrebbe essere quello di contribuire e non di dividere. Insomma è inutile la battaglia “giovani contro vecchi” che Carlo Calenda prospetta in queste ore. Sulle pensioni per i giovani invece, sarebbe opportuno intervenire, come già accade in altri Paesi europei, attraverso lo strumento della pensione di garanzia per valorizzare i periodi senza copertura contributiva, quelli di formazione e inoccupazione legati a politiche attive, calcolata in maniera crescente sulla base degli anni di contribuzione e di età di accesso al pensionamento.

Un’integrazione al minimo come avviene per il retribuitivo, e l’ipotesi sarebbe quella di 650 euro mensili per chi ha 20 anni di contributi, che possono aumentare di 30 euro al mese per ogni anno in più fino a un massimo di mille euro.
Del resto, anche i sindacati propongono uno strumento simile che valorizzi i periodi senza copertura contributiva, quelli di formazione e inoccupazione legati a politiche attive, calcolata in maniera crescente sulla base degli anni di contribuzione e di età di accesso al pensionamento. Unire le voci, nelle sedi opportune, dovrebbe essere la strada maestra. Anche e soprattutto per non prestare il fianco alle destre che, proprio sulla riforma delle pensioni, mal digeriscono la strada del Governo.